Mentre l’epidemia di SARS del 2003 ha causato ‘soltanto’ 8.098 casi e 774 decessi, principalmente confinati nel sud-est asiatico, il SARS-CoV-2 ha già provocato la morte di 2,5 milioni di persone, invadendo il mondo intero.

Tuttavia, come spiegato su Futura-Sciences.com, i due virus hanno un tasso di riproduzione simile: circa 2,5, ovvero una persona infetta ne contagia in media due e mezzo. Pare, inoltre, che il SARS-CoV-2 abbia una capacità maggiore di infettare le cellule ‘grazie’ alla forma della sua proteina spike, come riportato da uno studio dell’Università dell’Arkansas, presentato al 65° incontro annuale della Society of Biophysics.

Per entrare in una cellula, il coronavirus deve prima legarsi al recettore del suo obiettivo la sua proteina spike. Quest’ultima, però, può adottare una configurazione attiva o inattiva, consentendo o meno di infettare la cellula.

Mahmoud Moradi, autore principale dello studio, ha spiegato: «Abbiamo scoperto che SARS-CoV-1 e SARS-CoV-2 hanno modi completamente diversi di cambiare forma e si pongono su scale temporali diverse», cioè SARS-CoV-1 si muove più velocemente tra configurazione attiva e inattiva, per cui non ha molto tempo per «attaccarsi» alla cellula umana. SARS-CoV-2, al contrario, resta relativamente stabile e ha più possibilità per penetrare nella cellula da infettare.

Una delle possibili applicazioni di questa scoperta potrebbe essere lo sviluppo di un trattamento che modifichi le dinamiche di cambiamento della proteina spike: «Ad esempio, potremmo rendere più stabile lo stato inattivo, aiutando così a disattivare il virus. È una strategia che non è stata ancora adottata», ha suggerito il dott. Mahmoud Moradi. Lo studio del movimento delle proteine ​​del virus può consentire, infine, di prevedere a monte se una variante sia più o meno pericolosa.

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