Il clan gelese dei Rinzivillo, di “cosa nostra”, fu decimato nel 2006 con una operazione dei carabinieri, denominata “tagli pregiati”, che portò in carcere 79 persone e il sequestro di beni per 20 milioni di euro, tra la Sicilia, il Lazio e la Lombardia. In manette finirono anche sei donne, accusate di avere garantito i collegamenti tra i boss detenuti e i luogotenenti che operavano all’esterno.
L’inchiesta antimafia scattò dalla denuncia di un commerciante che denunciò un caso di estorsione. Con le successive indagini i carabinieri riuscirono ad accertare l’esistenza di un racket delle carni controllato dai Rinzivillo che riciclavano, in aziende del settore alimentare e nell’edilizia, i proventi degli affari illeciti come estorsioni, traffico di droga, usura, caporalato, furti e rapine.
La loro organizzazione aveva stretto alleanze con il clan Santapaola, a Catania, e con le famiglie della ‘ndrangheta calabrese in varie regioni d’Italia e perfino all’estero. Anche allora, tra gli indagati, fu fermato un maresciallo dei carabinieri, accusato di avere passato ai clan informazioni riservate.
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