Mario Riccio, responsabile della terapia intensiva dell’ospedale di Casalmaggiore (Cremona), intervistato da La Repubblica, ha affermato: “Non siamo nella crisi nera del 2020. Ma alcuni ospedali iniziano a scricchiolare. Per decidere a chi assegnare un posto in rianimazione sarebbe giusto tener conto anche della vaccinazione“.

Per Riccio, noto per avere assistito Piergiorgio Welby, malato di SLA, dopo che ha deciso di porre fine alla sua vita, ha spiegato che, quando i posti mancano, “la regola è dare la precedenza a chi ha più probabilità di farcela. Ma oggi questo criterio assume risvolti paradossali. Oggi di Covid muore solo chi vuole morire. Molti dei pazienti che curiamo sono giovani, hanno passato il primo anno di pandemia a negare il Covid e il secondo a rifiutare i vaccini. Accanto a loro c’è una parte di vaccinati con un’età molto avanzata e fattori di rischio importanti. Dare la precedenza a chi ha più chance di farcela vuol dire mettere i no vax davanti ai vaccinati”.

Al momento, però, non bisogna optare per questa scelta rigida: “Le risorse per ora bastano, ma non illudiamoci che siano infinite. Il presidente dell’Ordine dei medici di Napoli ha citato l’eventualità del triage etico, o codice nero. Di scegliere cioè a chi assegnare una risorsa purtroppo scarsa”.

Riccio si è domandato: “Cosa diciamo a chi attende per operarsi di tumore, che il suo letto è bloccato da una persona che non si è voluta vaccinare? Come ha detto Mattarella, vaccinarsi è un dovere etico. A mio parere dovrebbe essere inserito nei criteri di priorità per le cure”.

E ancora: “Difficilmente un polmone andrà a un grosso fumatore o un fegato a un etilista. Servirebbero criteri anche per il Covid”. Infine, sul rifiuto di alcuni No Vax alle cure, finiti in terapia intensiva, l’esperto ha detto: “La SIAARTI, la Società italiana di anestesia, il 31 dicembre ha redatto un documento in cui ci chiede di spiegare con ragionevole insistenza l’utilità di alcune cure cui a volte il paziente no vax si oppone, ad esempio l’intubazione. Avrei preferito l’approccio opposto. Ad aspettare, mentre io cerco di insistere in modo ripetuto di fronte a una persona che per un anno non si è voluta vaccinare, c’è magari un altro paziente che invece desidererebbe essere salvato e al quale sto sottraendo un’opportunità di cura”.