Terremoto nel centro Italia. Una tragedia che ha sgretolato le case di numerosi comuni  ma spezzato l’anima dell’Italia intera. Perché, per quanto di possa fare, ci si sente sempre troppo piccoli ed impotenti di fronte alla furia della terra che trema portando morte e devastazione.

Chi ha avuto la fortuna di mettersi in salvo, ha negli occhi il terrore di quanto vissuto. E la profonda consapevolezza di aver perso tutto, di avere una vita da ricostruire per la quale, nonostante tutto, oggi ringrazia Dio.

Nei luoghi colpiti dal sisma si trovano molti siciliani che hanno lasciato l’Isola per lavoro.
Angelo Morreale, di Santa Margherita Belice, vive con la figlia Gaia e la moglie Alessandra a Rieti, a 48 chilometri da Amatrice. E lui che è un figlio del terremoto, nel ’68 la sua famiglia perse tutto nel sisma del Belice, al verificarsi della prima scossa di mercoledì notte ha subito capito l’estrema gravità di quanto stava accadendo.

La casa di 4 piani dove abita ha iniziato ad oscillare, Angelo ha preso moglie e figlia ed è saltato in macchina, ha raggiunto i suoceri che erano scesi in strada e si è allontanato dal centro abitato.
La linea internet non funzionava, e solo dopo un po’ di tempo è riuscito a sapere dove era localizzato l’epicentro.
Altre famiglie margheritesi abitano nella zona colpita dal sisma, molte si trovano a Fabriano, a 100 chilometri dall’epicentro ma dove la scossa è stata avvertita chiaramente. Nessun danno per fortuna nel comune in provincia di Ancona, se non qualche crepa negli edifici più vecchi.

Drammatico anche il racconto di Riccardo Rasponi, che abita a Macerata ma conosce bene il Belice, infatti ogni mese va a Santa Margherita per trascorrere qualche giorno con la figlia Asia che vive in Sicilia.
Riferisce di un forte boato e delle oscillazioni lunghissime ed interminabili.
A Macerata i danni agli immobili pubblici e privati sono stati ingenti, i feriti numerosi. La gente adesso vive per strada, ha paura di altre scosse, trascorre la notte in macchina.

E’ rimasto per oltre tre ore con la gamba bloccata e fratturata sotto le macerie di un panificio ad Amatrice, dove lavorava, prima di essere soccorso. E’ la storia di Tony Di Giacomo, 28 anni, originario di Canicattini Bagni, nel Siracusano. Tony è uno dei sopravvissuti al terremoto.

Tony, come ha raccontato a Siracusa Oggi, se l’è cavata con una frattura alla gamba ma in quegli interminabili secondi ha temuto di non farcela. Alle 3,36, quando la terra ha iniziato a tremare, Tony, come tutti i panettieri, stava lavorando. In un attimo si è ritrovato bloccato dai detriti, mentre suo collega è finito sotto un pesante armadio.

“Ho visto la morte con gli occhi”, ha raccontato Tony alla moglie ed alla madre. Poche parole, soprattutto le più importanti: “Sto bene, sto bene”. Ha una gamba ingessata ma se l’è cavata.

Intanto i sindaci di Santa Margherita Belice e Montevago, Franco Valenti e Margherita La Rocca Ruvolo, hanno chiesto “la convocazione urgente del Comitato del sindaco della Valle del Belice per stabilire insieme ciò che è possibile fare a sostegno di chi oggi è stato colpito dalla furia distruttiva del terremoto”.

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