Lunedì la Cgil commemora il sindacalista Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia l’11 maggio del 1955. Alle ore 9 sarà piantato un albero in ricordo di Carnevale al Giardino della Memoria di Ciaculli su iniziativa di Unci e Anm, con la partecipazione dei familiari, del segretario nazionale Cgil Susanna Camusso, dei segretari provinciali e regionali di Cgil Cisl e Uil, dei segretari delle categorie della Cgil.
Alle ore 10 la giornata commemorativa prosegue a Sciara dove nella chiesa madre di S.Anna, in piazza Castelreale, i ragazzi delle scuole si esibiranno in delle performance, leggeranno poesie e testi sulla vita del sindacalista, dialogheranno con il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo e il segretario Cgil Susanna Camusso. L’iniziativa sarà introdotta dal sindaco Salvatore Rini. A conclusione, la Cgil si recherà sul luogo dove è stato ucciso Carnevale, al cippo in contrada Cozzi Secchi, dove sarà deposta una corona.
“Al Giardino della Memoria sono ricordati tutti coloro che hanno combattuto contro la mafia e perso la vita, anche i nostri sindacalisti uccisi. E’ questa stessa – afferma il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo – l’impostazione che abbiamo deciso di dare al nostro calendario della memoria, per strappare dall’oblio tutti i nostri sindacalisti assassinati e far sì che la memoria di parte del movimento sindacale, che fu il primo movimento antimafia, diventi memoria di tutti. Il nostro intento è condividere con la collettività l’eredità lasciata dal movimento sindacale, da quel movimento contadino e operaio che subì gravi perdite lottando a testa alta e a mani nude contro la mafia e il blocco sociale agrario mafioso costituito in quegli anni, che avanzava contro i contadini alla conquista delle terre”.
“In questa direzione va anche l’iniziativa dell’amministrazione comunale di riconoscere – continua Campo – la memoria di tutti i cittadini che si sono spesi nella lotta alla mafia dedicando una strada ai sindacalisti Salvatore Carnevale e Placido Rizzotto e a Felicia Impastato, tre esempi concreti e brillanti dell’impegno contro Cosa Nostra”. Intervenendo sul dibattito in corso sull’antimafia, Enzo Campo spiega il senso dell’antimafia dei lavoratori: “Come ha detto Franco La Torre “per noi è ogni giorno 30 aprile”, così per la Cgil la lotta alla mafia è quella che facciamo ogni giorno nelle fabbriche e nei posti di lavoro, chiedendo il rispetto delle leggi e dei contratti. La lotta per il lavoro come elemento di emancipazione delle persone e di libertà. E’ questa la nostra antimafia”.
“La lezione di Salvatore Carnevale per la lotta per i diritti, le 8 ore, il salario contrattuale, la sicurezza è quanto mai attuale – aggiunge Dino Partenostro, responsabile Legalità per la Cgil – Salvatore Carnevale è uno dei tanti caduti del movimento contadino siciliano che, a partire dai Fasci di fine 800 e fino al secondo dopoguerra, si è battuto per liberare l’isola dall’oppressione della mafia e dei grossi latifondisti e per creare migliori condizioni di vita e di lavoro per le masse popolari. Fino a qualche decennio fa, i contadini e i loro dirigenti sembravano sconfitti e dimenticati. Invece a partire dalla metà degli anni 90 c’è stata un recupero della memoria di quelle lotte e dei suoi caduti, fondamentale per l’avvio di una nuova e concreta antimafia sociale, nata sulla spinta della legge Rognoni-La Torre e della legge 109/96, che ha reso possibile la riutilizzazione sociale dei beni confiscati”.
SCHEDA SU SALVATORE CARNEVALE di Dino Paternostro
Salvatore Carnevale fu assassinato dalla mafia il 16 maggio 1955. Quando cadde sulla trazzera, crivellato da sei colpi di lupara, il sindacalista non aveva ancora compiuto trent’anni. Era nato a Galati Mamertino, in provincia di Messina, il 25 settembre 1925, da Giacomo Carnevale e Francesca Serio. A Sciara si trasferì piccolissimo insieme alla madre, separata dal marito. Nel 1951, con un gruppo di contadini, aveva fondato la sezione socialista e la Camera del lavoro del paese. E subito cominciò a battersi per l’applicazione della riforma agraria e la divisione dei prodotti della terra a 60 e 40 (60% al contadino e 40% al padrone), ottenendo i primi risultati positivi. Una cosa inaudita per i gabelloti e i campieri della principessa Notarbartolo, che fino ad allora erano riusciti a tenere Sciara fuori dalle lotte contadine della Sicilia centro-occidentale. E, sull’onda dei primi successi, ad ottobre organizzò l’occupazione simbolica del feudo della principessa, ma fu arrestato insieme a tre suoi compagni. Scarcerato dopo dieci giorni, ma rinviato a giudizio, dovette aspettare l’estate del 1954 per essere assolto.
Nel frattempo il movimento contadino era cresciuto, fino a ottenere due decreti di scorporo delle terre del feudo eccedenti i 200 ettari: il primo del 21 luglio 1952, l’altro il 16 marzo 1954. Dai primi di agosto del 1952, però, il giovane sindacalista fu costretto ad andar via da Sciara, per “rifugiarsi” a Montevarchi, in provincia di Arezzo. Probabilmente, per sfuggire alla feroce mafia di Caccamo che il 7 agosto aveva assassinato Filippo Intili, sindacalista caccamese. Oppure perché temeva una dura condanna al processo per l’occupazione del feudo Notarbartolo. Tornò a Sciara due anni dopo, e subito diede impulso a nuove lotte per chiedere l’assegnazione della terra ai contadini (dei 704 ettari scorporati, infatti, ne erano stati assegnati appena 202), occupando nuovamente il feudo Notarbartolo.
Ancora una volta fu minacciato dai mafiosi, denunciato dalle autorità e condannato a due mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena. Rimasto disoccupato, inaspettatamente, gli fu offerto un posto di lavoro nella cava Lambertini. Carnevale accettò e il 29 aprile 1955 cominciò a lavorare. Ma anche qui continuò la sua attività sindacale, organizzando gli operai per rivendicare il diritto alle otto ore lavorative. “Se ammazzano me ammazzano Cristo!” La sera del 10 o dell’11 maggio, un emissario della mafia gli disse: “Lascia stare tutto e avrai di che vivere senza lavorare. Non ti illudere, perché se insisti, finisci per riempire una fossa”. “Se ammazzano me, ammazzano Cristo!”, rispose Carnevale, che, a scanso d’equivoci, il 12 maggio proclamò lo sciopero dei cavatori per il rispetto dell’orario di lavoro e il pagamento del salario di aprile. All’iniziativa aderirono trenta dei sessantadue operai: un successo. Allora piombarono alla cava il maresciallo dei carabinieri Dante Pierangeli e il mafioso Nino Mangiafridda. “Tu sei il veleno dei lavoratori!”, gli disse il maresciallo. E il mafioso: “Picca nn’hai di sta malantrinaria!”.
Salvatore Carnevale fu assassinato la mattina del 16 maggio mentre si stava recando a piedi sul posto di lavoro. Qualche ora dopo, di corsa e col cuore in gola, mamma Francesca si recò sul luogo del delitto, abbraccio il figlio e gridò: “Me l’hanno ammazzato perché difendeva tutti i lavoratori, il figlio mio, il sangue mio! Gli assassini bisogna cercarli tra gli amici e i dipendenti della principessa Notarbartolo!”. Il processo di primo grado si svolse a S. Maria Capua Vetere e si concluse con la condanna all’ergastolo dei quattro imputati: Giorgio Panzeca, Luigi Tardibuono, Antonino Mangiafridda e Giovanni Di Bella. Ma il processo d’appello e quello in Cassazione avrebbero ribaltato la sentenza di primo grado, assolvendo tutti gli imputati per insufficienza di prove. Il commento della mamma Carnevale: “Me l’hanno ammazzato una seconda volta!”.
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