L’agenzia delle entrate ha elevato ad un evasore una maxi sanzione di oltre 42mila euro ma la commissione tributaria regionale ha deciso che non deve pagarla perché il provvedimento amministrativo non era sufficientemente motivato. Questo è quanto emerge da una recentissima sentenza del giudice tributario di secondo grado per la Sicilia. Adesso, la notizia potrebbe riguardare tanti contribuenti che hanno avuto recapitata una sanzione per non avere completato il pagamento delle rate del condono fiscale del 2002.
La multa cancellata
Protagonista del caso una donna palermitana, assistita dall’avvocato tributarista Alessandro Dagnino, managing partner di Lexia Avvocati. Nel 2002 la donna aderì al condono fiscale stabilito dall’allora governo Berlusconi. La norma allora prevedeva che per avere accesso al condono bastasse pagare la prima rata del debito verso l’erario. La contribuente pagò 3 mila euro a fronte di un debito di 85mila circa. E poi attese per anni che lo Stato tornasse a richiedere il dovuto attraverso un atto di riscossione.
Il silenzio dello Stato
Lo Stato però non fece nulla, salvo ricordarsi del condono nel 2011. Quell’anno il parlamento votò una legge che introduceva una sanzione per tutti coloro che non avevano definito il pagamento delle somme condonate. La sanzione sarebbe stata pari al 50 per cento di quanto era ancora dovuto. Nel 2016, applicando questa regola, l’agenzia delle entrate commina la sanzione di oltre 42mila euro alla contribuente protagonista del caso. Nell’atto impositivo, però, si fa un riferimento generico al mancato pagamento delle somme di cui a una sanatoria senza che venga specificato di quale si tratti.
Il ricorso
La cittadina presenta ricorso e ottiene ragione in appello. Esaminato il caso, il collegio della dodicesima sezione della Commissione tributaria regionale per la Sicilia, composta dai giudici Baldassare Quartararo (presidente e relatore), Alfio Innocente (componente) e Stafano Puleo (componente) ha deciso di dare ragione alla tesi della difesa: il provvedimento non era sufficientemente motivato. “L’ufficio – si legge nella sentenza – si è limitato ad indicare ‘sanzione per omesso pagamento delle somme dovute, iscritte a ruolo e non recuperate derivanti dalle sanatorie’ previste dalla legge 289 del 2002 senza mai indicare la tipologia di condono, quando sia stato presentato, importo, rate etc”. L’agenzia delle entrate, inoltre, è stata condannata al pagamento delle spese processuali per un totale di 9 mila euro.
L’avvocato Dagnino: “Caso che fa giurisprudenza”
Soddisfazione per la decisione da parte dell’avvocato Alessandro Dagnino. “Oltre a essere un caso di interesse per molti cittadini – ha commentato -, esso riveste profili di interesse giuridico perché specifica e applica in questo particolare caso la giurisprudenza in materia di obbligo motivazionale dei provvedimenti. Viene annullato – ha aggiunto – un atto con cui lo Stato pretendeva di applicare una sanzione postuma, cioè non prevista al tempo dei fatti”.
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