Una corona d’alloro è stato deposta subito dopo il suo arrivo a Palermo dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, davanti alle stele di Capaci che ricorda l’attentato del 23 maggio del ’92 in cui furono uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.
Alla cerimonia di commemorazione erano presenti il capo della polizia Vittorio Pisani; il prefetto Francesco Messina, direttore centrale Anticrimine della Polizia; il prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta, il questore di Palermo Leopoldo Laricchia e la vedova del caposcorta di Falcone, Tina Montinaro
Il Ministro dell’Interno e la mafia che cambia
“La celebrazione di questa ricorrenza importantissima mi piace non solo per l’onore di partecipare come ministro dell’Interno, ma si tratta anche di un anno importante fatto di risultati conseguiti nella lotta alla mafia e non mi riferisco soltanto a quelli di qualche mese fa. Il coordinamento della polizia giudiziaria è molto importante quindi più che esprimere un grande onore è un grande piacere di aver accolto l’invito della professoressa Falcone. Mi stavano descrivendo le condizioni di questo posto bellissimo” dice il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che torna a Palermo in questa occasione.
La cattura di Messina Denaro è l’inizio di una nuova storia
“L’arresto di Matteo Messina Denaro significa la chiusura di una pagina e l’inizio di una nuova storia – aggiunge – La mafia uccideva colpendo i valori fondamentali della società civile con vittime importanti come i servitori dello stato. Adesso la battaglia prosegue perché la mafia si è evoluta, è cambiato il suo modo di agire. Il ruolo dello stato e delle istituzioni è adattarsi anche a questo mutare della mafia e non retrocedere. Come disse Falcone, la mafia è un fenomeno umano e come tale è destinato a finire. Però fino a che ci sarà l’ultimo granello di presenza, lo stato ci metterà l’ultima goccia di sudore per combatterlo”.
L’insegnamento di Falcone
“Dall’insegnamento di personalità come Falcone abbiamo imparato negli anni a seguire i percorsi economici criminali che interessano la mafia, a preservare i punti legali delle istituzioni o infiltrazioni nelle istituzioni. Credo sia un fenomeno che può preoccupare, ma bisogna rassicurare i cittadini perché il nostro Paese manifesta la capacità di contrastare anche questo modo più insidioso di agire della mafia”.
“Ci incoraggia a proseguire verso il futuro anche nel segno del grande messaggio del grande insegnamento che ci hanno dato uomini importanti dello stato come Falcone, Borsellino. La mafia è cambiata, con Matteo Messina Denaro la pagina del libro che continua si è chiusa, ma si è anche girata”.
Corona di fuori in questura
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha, poi, deposto una corona di fiori anche davanti alla lapide posta all’interno del “Reparto Scorte- Martiri di Capaci e via D’Amelio” della caserma Lungaro a Palermo.
Piantedosi è accompagnato dal capo della polizia Vittorio Pisani, dal prefetto Francesco Messina, capo del Dac l’ex questore di Palermo Renato Cortese, capo dell’ufficio ispettivo del Viminale e dal questore di Palermo, Leopoldo Laricchia. Dopo il silenzio Con Tina Montinaro e Giovanni- moglie e figlio del capo scorta di Falcone, Antonio Montinaro – il ministro, i vertici della Polizia e le autorità stanno visitando il giardino attiguo al reparto scorte dove è stata posizionata la teca che contiene i resti della Quarto Savona 15, la Fiat Croma blindata che precedeva l’auto del giudice e che fu sbalzata a decine di metri di distanza dal cratere dell’esplosione e all’interno della quale viaggiavano i 3 poliziotti rimasti uccisi.
Presenti anche il prefetto Maria Teresa Cucinotta e i familiari delle vittime delle stragi mafiose del 1992, l’ex procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il presidente della corte di appello di Palermo, Matteo Frasca, il procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia, il presidente del Tribunale Piergiorgio Morosini, Claudia Caramanna procuratore per i minorenni e Anna Maria Palma, avvocato generale.
Alla Lungaro anche il presidente della Regione, Renato Schifani, il presidente dell’Ars il sindaco Roberto Lagalla e i vertici delle delle forze dell’ordine.
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