La mafia continua a puntare sul racket delle estorsioni e non abbandona i vecchi retaggi di cosa nostra. Nei quartieri di Palermo cosa nostra continua a fare paura, soprattutto alla fasce più basse della popolazione. Lo conferma il capo della Dia di Palermo Antonio Amoroso nel corso della conferenza stampa dopo gli arresti di questa mattina che hanno fermato la famiglia mafiosa del quartiere Arenella. 

E’ una mafia che ancora si fa rispettare. Gli uomini d’onore all’Arenella camminano a testa alta e ricevono le riverenze dei cittadini. Nessuna ha parlato quando il boss è salito sulla barca di San’Antonio durante la festa patronale, anzi, Gaetano Scotto, arrestato questa mattina nel blitz white shark, era atteso da tutti altrimenti “il santo non lo fanno passare”.

Lo stesso Gaetano Scotto, che nei giorni scorsi ha ricevuto una notifica di chiusura delle indagini quale presunto responsabile dell’omicidio Agostino, era ben consapevole della sua caratura criminale e della sua posizione di vertice ricoperta all’interno della famiglia mafiosa Arenella-Vergine Maria.  “Nel corso del tempo – ha spiegato il capo della Dia – ha adottato ogni precauzione per abbassare il proprio profilo criminale e a poco sono valse le precauzioni poste in essere. Siamo comunque riusciti ad acquisire prove che sono state condivise dalla Procura e dal Gip di Palermo“.

Le indagini sulla famiglia mafiosa dell’Arenella sono iniziata all’indomani del 21 gennaio 2016 quando dal carcere di Rebbibbia di Roma uscì Gaetano Scotto. All’Arenella fu festa grande. “E’ stata registrata una sorta di apoteosi in seguito alla scarcerazione da parte di alcune fasce sociali tanto da farlo salire a bordo dell’imbarcazione che portava la statua di Sant’Antonio durante la festa patronale”, evidenzia Amoroso.

Dall’indagine emerge che le estorsioni restano il maggiore business di una mafia che cerca comunque altre fonti più remunerative come i fondi europei, i rifiuti, le scommesse clandestine. “In questa operazione – sottolinea il capo della Dia – però ci accorgiamo che la mafia non ha abbandonato le forme criminali tradizionali ma ne ha annesse altre, meno pericolose”.

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