Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede aveva annunciato un nuovo provvedimento tre giorni fa, proprio quando era riesplosa la polemica sulle quasi 400 scarcerazioni decise dai magistrati di sorveglianza in un mese e mezzo. Detenzioni domiciliari, per gravi ragioni di salute in considerazione dell’emergenza coronavirus, di cui hanno beneficiato anche boss di mafia, camorra e ‘ndrangheta, e che sono costate le dimissioni di Francesco Basentini dalla guida del Dap, il Dipartimento che amministra le carceri italiane.
“E’ in cantiere un decreto legge che permetterà ai giudici, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l’attuale persistenza dei presupposti per le scarcerazioni dei detenuti di alta sicurezza e al 41 bis”, aveva detto Bonafede alla Camera dei deputati nel corso di un acceso question time . Così ieri c’è stato un primo confronto con i rappresentanti della maggioranza. E ieri sera, a tambur battente, approda al Consiglio dei ministri il provvedimento che vuole rimediare a questa situazione e impedire che in futuro si riproponga. Il primo passo era già stato compiuto con il decreto approvato il 29 aprile scorso, che tuttavia si occupava dei casi futuri: mai più scarcerazioni disposte dai giudici senza aver acquisito il parere preventivo della procura nazionale antimafie e delle procure distrettuali. Ora si va oltre: secondo quanto si apprende in base al decreto all’esame del governo entro 15 giorni saranno rivalutate le scarcerazioni già disposte e legate all’emergenza Coronavirus.
Il magistrato dovrà prima acquisire il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati già sottoposti al 41-bis, il cosiddetto carcere duro. E poi valutare se ci sono ancora i presupposti per la detenzione domiciliare, cioè se permangono “i motivi legati all’emergenza sanitaria”.
La valutazione sarà fatta “immediatamente”, anche prima dei 15 giorni , nel caso in cui il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena. In ogni caso l’autorità giudiziaria, prima di provvedere dovrà sentire l’autorità sanitaria regionale, cioè il Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale. E acquisire dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria informazioni sull’eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena può riprendere la detenzione o l’internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute. Solo una volta in possesso di tutti questi elementi potrà decidere, con una pronuncia che andrà rivista ogni 30 giorni.
Il provvedimento con cui l’autorità giudiziaria revoca la detenzione domiciliare o il differimento della pena sarà immediatamente esecutivo. L’iter sarà sostanzialmente analogo quando la custodia cautelare in carcere è stata sostituita dagli arresti domiciliari. Un altro articolo del provvedimento all’esame del governo riguarda i rapporti dei detenuti con i familiari: per consentire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie idonee a prevenire il rischio di diffusione del Covid19, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni, a decorrere dal 19 maggio 2020 e sino al 30 giugno 2020, i colloqui saranno “svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti” abitualmente consentiti.
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