“In Sicilia il 50 per cento dei braccianti agricoli lavora in nero e spesso in condizioni disumane. Quale è il livello di attuazione dei protocolli siglati dalla Regione per contrastare il caporalato?”: se lo chiede la deputata regionale del Movimento 5 Stelle e vice presidente dell’Ars, Angela Foti, che sul fenomeno ha presentato un’interrogazione al governo Musumeci.

“Il 13 giugno 2019 – ricorda Foti – il presidente della Regione ha deliberato di destinare risorse per realizzare interventi (in base a un protocollo stipulato ad aprile 2018, con il ministero dell’Interno, nell’ambito di un programma del Pon Legalità 2014/2020) per rafforzare strumenti di presidio e controllo del territorio in aree strategiche per lo sviluppo, anche contro il caporalato. Era prevista una rete di infrastrutture per la videosorveglianza e la rilevazione ambientale delle attività criminose con interventi pilota da realizzare in numerosi comuni del Catanese e del Ragusano. Facile infatti immaginare come nel silenzio generale dello sfruttamento di queste persone si sia incuneata anche la malavita ”.

“Sono comunque diverse le situazioni nell’Isola – prosegue Foti – e secondo quanto riferito in audizione alla Camera dei deputati l’anno scorso da rappresentanti sindacali siciliani, una delle più importanti è a Cassibile, frazione rurale a pochi chilometri da Siracusa, dove in particolare tra i mesi di febbraio e giugno centinaia di braccianti agricoli africani subiscono una grave condizione di sfruttamento e vivono in baracche di cellophane all’interno di un campo agricolo in condizione di schiavitù . E questo è solo un esempio. Abbiamo quindi bisogno di sapere, dal governo regionale, qual è lo stato dell’arte specie alla luce del dibattito nazionale in cui la nostra regione non può fare trapelare incertezze sulla precisa volontà di umanizzazione nei confronti di chi di fatto è una risorsa per l’agricoltura”, conclude la deputata.

“I 150 mila braccianti siciliani, come tutti gli operai agricoli del nostro Paese, sono spariti dalle bozze del cosiddetto Decreto di maggio. Risultano esclusi, almeno per ora, dalla lista dei lavoratori per i quali il Governo prevede la proroga del bonus da 600 euro. Forse, una svista. Una dimenticanza. Se così non fosse, saremmo di fronte a un clamoroso benservito ai danni di chi in questi mesi di emergenza Coronavirus sta garantendo all’Italia un servizio essenziale tra fatiche, rischi e stenti. È ancora possibile riparare a questo torto”. Lo afferma Nino Marino, segretario generale della Uila Sicilia, annunciando “la mobilitazione di tutte le organizzazioni territoriali per sensibilizzare i parlamentari siciliani e consegnare ai prefetti dell’Isola un appello affinché sia impedito un grave atto di ingiustizia e venga scongiurata una protesta durissima, l’ultima cosa auspicabile in un frangente così drammatico”.

Nella lettera Uila, fra l’altro, si legge: “Abbiamo avuto circostanziata notizia dell’intenzione di escludere dal cosiddetto bonus, che a marzo era di 600 euro ma che è intenzione innalzare, tutto il settore dei lavoratori agricoli. E ciò invero senza alcuna giustificazione sostenibile. Nella malaugurata ipotesi in cui venisse data concretezza a questo disegno, la conseguenza sarà che fruiranno di tale fondamentale misura di sostegno (più giusto chiamarla di sopravvivenza) persone che non ne hanno un reale ed impellente bisogno mentre ne resterebbero esclusi tout court i lavoratori agricoli”.

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