Sicilia prima regione d’Italia per minacce ai sindaci e agli amministratori locali in genere, Se due terzi dei casi avviene al Sud, poco meno di un sesto del totale è stato registrato in Sicilia nell’ultimo anno.

50 minacce ai primi cittadini nell’isola

Nel 2022 in Italia sono stati 326 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica Amministrazione. Due casi su tre si sono verificati al Sud e sulle isole (il 66% del totale). In testa la Sicilia con 50 casi censiti, Campania (49), Puglia (48) e Calabria (42). Il diciotto per cento del totale degli episodi ha riguardato le donne, amministratrici e dipendenti della Pa con minacce dirette e indirette. È quanto emerge dal Rapporto 2022 Amministratori Sotto Tiro realizzato da Avviso Pubblico, la rete antimafia di Enti locali e Regioni, presentato giovedì 26 giugno a Roma, presso la sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.

Agrigento prima provincia per intimidazioni

Sono 7 le province colpite e 34 i comuni per un totale di 50 atti intimidatori. Ad Agrigento 18 atti intimidatori sono avvenuti in 15 comuni ovvero: Aragona – Bivona – Burgio – Calamonaci – Canicattì – Lampedusa – Licata – Menfi
– Montevago – Naro – Ribera – Santa Margherita di Belice – Sciacca – Scicli – Siculiana.

La seconda provincia per intimidazioni è Siracusa con 7 comuni colpiti: Siracusa – Augusta – Floridia – Pachino – Porto Palo di Capo Passero – Priolo – Rosolini. Terza Messina con minacce nel capoluogo e poi Barcellona Pozzo di Gotto – Santa Maria Salina. A palermo i comuni con sindaci intimiditi sono quattro: Palermo – Bompietro – Petralia Soprana – San Cipirello, due ciascuno per le province di Trapani e Ragusa: Castelvetrano ed Erice; Pozzallo e Vittoria. Infine c’è il caso Gela in provincia di Caltanissetta dove gli episodi sono sei tutti nello stesso comune, appunto Gela.

Intimidazioni cruente

Si tratta di intimidazioni spesso cruente. Si va dai proiettili inviati alla sindaca di Montevago, alla testa di cinghiale lasciata davanti al cancello della casa di campagna di Calogero Scrimali, assessore comunale di Licata, oltre
che all’incendio, nello stesso comune, dell’auto di un ex assessore.

Ad aprile la sindaca di Naro, Maria Grazia Brandara, riceve per posta un fazzoletto inzuppato di sangue, mentre
pochi giorni più tardi tocca ad un funzionario di un consorzio di bonifica, residente a Ribera, sul cui cancello di casa viene trovata appesa una missiva dai toni minatori. Nel mese di agosto a Bivona viene distrutto il parabrezza dell’auto del vicesindaco Salvatore Cutrò. Quarantott’ore dopo è il turno di una telefonata minatoria (“digli di farsi la scorta”) ad un familiare del sindaco di Siculiana, Giuseppe Zambito. Ad ottobre due intimidazioni fotocopia nel giro di 72 ore – il taglio degli ulivi su un terreno di proprietà – colpiscono i sindaci di Aragona e Burgio. A dicembre a Sciacca, il cadavere di un cane, in un sacchetto, è ritrovato davanti la casa di campagna del presidente del consiglio comunale, Ignazio Messina.

Nota positiva, trend in calo

Il trend è in calo rispetto all’anno passato: meno venticinque per cento con 438 casi di avvertimenti e aggressioni. I numeri sembrano riportare le lancette dell’orologio a prima dello scoppio della pandemia, periodo in cui le tensioni sociali hanno scatenato un numero più elevato di intimidazioni. Ma i dati sono soltanto apparentemente confortanti. Fare il sindaco era, e resta, un lavoro difficile e talvolta pericoloso. Ce lo dicono i tanti casi di aggressione, come quello dell’ex sindaco di Roccabernarda (Crotone), Francesco Coco, pestato brutalmente mentre rientrava a casa; oppure le minacce di morte e le buste di proiettili nella cassetta delle lettere.

Non abbassare la guardia

“Il calo delle intimidazioni di questi ultimi anni può rappresentare un segnale positivo – spiega il Presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà -, ma non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Come emerge dall’analisi dei dati presente nel Rapporto, è necessario osservare questa tendenza con estrema cautela. Sia in relazione alle intimidazioni che non sono di dominio pubblico – e, dunque, non state censite in questo Rapporto – sia rispetto alle minacce subite, ma non denunciate, da amministratori locali e dirigenti degli Enti locali. La cosiddetta “cifra oscura””. Ovvero i casi passati sotto silenzio o che vengono alla luce a distanza di tempo come risultato di indagini.

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