Sono 332 i nuovi positivi che si registrano oggi in Sicilia con 18.637 tamponi processati e una incidenza di 1,7%: il tasso  più basso rispetto a ieri. La regione resta al nono posto nel numero dei nuovi contagi. Le vittime sono state 21 nelle ultime 24 ore e portano il totale a 3.869. Gli attualmente positivi sono 34.549, con una diminuzione di 317 casi rispetto a ieri. I guariti sono 628.

La situazione negli ospedali

Negli ospedali aumentano i ricoveri e adesso sono 1.200, 15 in più rispetto a ieri, ma in terapia intensiva, invece,  non cambia la situazione, sono 165 come ieri. La distribuzione nelle province vede Palermo con 110 casi, Catania 110, Messina 51, Trapani 9, Siracusa 16, Ragusa 5, Caltanissetta 19, Agrigento 2, Enna 10.

Un nuovo focolaio

Un nuovo focolaio covid nel reparto che si trova al  quinto piano sopra al pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo. Nel reparto di medicina d’urgenza sono stati trovati quattro pazienti e un infermiere positivi. Quest’ultimo lo scorso 27 gennaio aveva avuto somministrato la seconda dose di vaccino.

”L’Aifa aveva prospettato la possibilità che potesse capitare nonostante la vaccinazione di essere di nuovo infettati. E’ previsto dai protocolli – spiegano dall’ospedale Civico – Solo che chi è vaccinato non contrae la malattia chi non lo è sì. Per questo da giorni diciamo a quanti si sono vaccinati di mantenere sempre le stesse precauzioni e non abbassare la guardia. Certo non riusciremo a stabilire se sia stato l’infermiere ad infettare i pazienti o qualche paziente ad infettare l’infermiere”.

L’operatore sanitario si trova in quarantena in attesa dei risultati dei tamponi. E’ asintomatico e sta bene. La direzione sanitaria ha già avviato una scrupolosa indagine epidemiologica per capire cosa sia successo. I pazienti positivi sono stati trasportati nell’area grigia e protetta del pronto soccorso, come da protocollo. Nessuno si sbilancia, perché è presto per azzardare conclusioni. Il reparto è chiuso.

Esclusa la variante africana

“L’ipotesi di una variante africana sul paziente positivo rientrato in Sicilia è stata esclusa. A tale conclusione sono giunti gli esperti del laboratorio regionale di riferimento dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia, che hanno ultimato, dopo alcuni giorni, i procedimenti di sequenziamento sulla ricerca del gene “S” sui campioni prelevati da un paziente affetto da infezione da Covid-19. Sul soggetto, proveniente da uno stato dell’Africa centrale, è stato infatti evidenziato il virus Sars-Cov2, altrimenti noto come Coronavirus. Ringrazio tutti per il lavoro svolto”. Lo ha dichiarato l’assessore regionale della Salute, Ruggero Razza in riferimento al sospetto caso di variante sudafricana su un paziente, un prete arrivato dalla Tanzania nei giorni scorsi e ricoverato a Partinico. 

La variante inglese la più diffusa

I numeri delle varianti sono al centro della discussione. Da inizio gennaio ad oggi, dopo il primo caso diagnosticato su un passeggero proveniente da Londra atterrato all’aeroporto Falcone e Borsellino, nei 4 laboratori di riferimento regionale in grado di sequenziare il virus (due a Palermo, uno a Catania e l’altro a Messina) sono emersi 83 soggetti contagiati dalla mutazione inglese del SarsCov2, di cui 79 individuati al Crq e all’Istituto zooprofilattico di Palermo, e tra questi risultano 53 residenti nel Siracusano.

Referti anomali da analizzare

A chiarire la situazione ci pensano però gli esperti. “Ci sono alcuni referti anomali, il che non significa che è già stata certificata la variante inglese. I tamponi vanno sequenziati nei laboratori autorizzati dalla Regione Siciliana e per avere conferma del ceppo diverso servono dai tre ai quattro giorni”.  Lo ha spiegato Letizia Di Liberti, direttore del Dipartimento attività sanitarie e osservatorio dell’assessorato regionale alla salute, a proposito dell’allarme sull’arrivo della variante inglese in Sicilia.  Intanto arriva la conferma. “Posso confermare che le varianti sono arrivate anche in Sicilia, nei nostri laboratori abbiamo una quarantina di campioni da sequenziare, arrivati negli ultimi due, tre giorni. È un lavoro non facile che dipende molto dai ricercatori oltre che dalle macchine e che ha bisogno di tempo”. Lo dice Stefania Stefani, ordinario di Microbiologia e responsabile del laboratorio di Microbiologia medica molecolare e di studio delle resistenze agli antimicrobici del Policlinico universitario di Catania e presidente della Società italiana di Microbiologia.

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