“Per me è un giorno di liberazione personale. Ho vissuto cinque anni di violenze”. Così il governatore uscente Rosario Crocetta conferma la sua decisione di rinunciare alla ricandidatura. L’accordo raggiunto ieri con Matteo Renzi regge al vaglio del confronto che il Presidente della Regione ha fatto con i suoi uomini e donne. Diveramente non sarebbe potuta andare.

Ma per lui, Crocetta, è il momento dello sfogo contro tutti gli uomini del Pd renziano che in Sicilia lo hanno sempre attaccato. Adesso si sente libero di parlare dei quei cinque anni di governo.

“Quattro anni fa al primo rimpasto pensai di dimettermi e di ricandidarmi da solo. Un pensiero che ho fatto altre due volte. A Roma mi chiedono perché abbia cambiato 57 assessori, ma se me lo chiedete voi giornalisti siciliani non ci sto perché sapete bene che io non avrei mai cambiato nessuno e che tutto è dipeso dai partiti”.

“Dal 29 ottobre del 2012, quando sono stato eletto, tutti sono diventati candidati. Per cinque anni ho avuto a che fare non con alleati ma con dei candidati”.

Poi il governatore si leva qualche sassolino dalla scarpa rivolgendosi da un lato all’avversario interno Leoluca Orlando e dall’altro ai vertici del Pd “Sono amareggiato per il quadro istituzionale che ho trovato in questi cinque anni; ci sono istituzioni che pensano di rappresentare la Sicilia e non lo sono, che pensano di rappresentare Palermo e non lo sono. Mi riferisco alla politica palermitana”.

“I gruppi dirigenti di Palermo dei partiti sono sempre gli stessi e come mai non sono mai candidabili alla presidenza della Regione?”, aggiunge. “Il sindaco a Palermo lo fa Orlando ab aeterno. Quando esce fuori dalla città però ha difficoltà, come quando si candidò con la sua lista e non raggiunse il 5%. Pensa di vincere nella sua città come sindaco e pensa di vincere le regionali, è una bella ossessione”.

Il governatore sciorina, poi, i suoi dati che sono differenti da quelli di qualsiasi altro sondaggio fino ad ora reso noto dalle agenzie specializzate “I sondaggi in mio possesso mi davano dal 22 al 24% da solo. Ma non sarei stato abbastanza forte per vincere insieme e non sufficientemente forte per vincere da solo. Chi verrà dopo di me taglierà nastri dell’azione di cambiamento che abbiamo fatto in questi anni”.

Crocetta ha riferito che il sondaggio risale allo scorso marzo e che a realizzarlo è stata l’azienda di analisi e ricerche Ipsos. A commissionarlo è stato proprio il governatore.

“Senza di noi Micari era perdente, con noi ce la può fare – ha poi aggiunto il governatore – oggi si gioca una partita diversa”.

“Renzi ha riconosciuto la dignità politica del movimento del Megafono come costola del Pd. Questo dovrà tradursi in modo visibile, qualcuno non pensi di creare ostacoli altrimenti l’accordo salta”. “Presenteremo le liste del Megafono alle regionali e alle politiche e ci misureremo auto-candidandoci – conferma – non ho chiesto altro se non il riconoscimento politico del Megafono”. E ha annunciato che sarà capolista alle regionali a Palermo, Messina e Catania. “Io non mi ritiro e rimango legato al Pd”.

“Non ambisco a entrare all’Assemblea regionale – pfrecisa – farò il capolista per trainare il Megafono. L’unica prospettiva che mi interessa è il ruolo politico all’interno del Pd nazionale e siciliano. Mi sono rotto le scatole di essere considerato il figlio illegittimo e persino abusivo, a volermi nel Pd fu Veltroni”.

Intanto si spacca Ap in particolare nell’area di provenienza Ncd. Nino Alongi si prepara ad uscire dal partito per confluire in un nuovo movimento che probabilmente lo traghetterà nell’Udc di Cesa e compagni. E non è certo l’unico esponente del partito che non ha intenzione di proseguire sulla strada dell’accordo con il Pd. Deputati regionali e nazionali non gradiscono la coalizione con all’interno Crocetta che si è ormai delineata e chiedono discontinuità che in questo modo non ci sarebbe. Già è difficile, per loro, stare nel centrosinistra, ma con Crocetta, poi lo considerano inaccettabile.

Dal lato opposto dello schieramento, intanto, ilc apogruppo di Forza Italia Marco falcone legge in maniera diversa l’intera vicenda “Il ritiro di Rosario Crocetta dalla competizione elettorale per le regionali è emblematico del totale fallimento degli ultimi cinque anni di governo. Crocetta e il Partito Democratico hanno illuso i siciliani per poi lasciarli con un pugno di mosche in mano – dice Falcone – ancora più poveri ed ancora più soli. Prima gli annunci fragorosi, poi la rivoluzione mancata. Acqua, rifiuti, province, formazione e forestali, sono solo alcune delle tante riforme sbandierate e non portate a termine. La Sicilia ha perso cinque anni importanti. Ora si deve voltare pagina, con una maggioranza finalmente responsabile ed un governatore, Nello Musumeci, che dia alla nostra terra una reale occasione di riscatto e crescita”

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