“Firmato il decreto presidenziale definitivo per i disabili gravissimi. Riceveranno tutti 18mila euro l’anno”. Lo ha annunciato mercoledì con una nota ufficiale dai toni trionfalistici – come è sua abitudine – il governatore Crocetta. Le reazioni dei destinatari del provvedimento vanno dallo sgomento alla delusione. Perché non sono certo poche migliaia di euro che possono restituire una normale quotidianità a chi è costretto a rinunciare a tutto e da tempo chiede aiuto.
Il problema dei disabili senza assistenza, davanti ai quali Crocetta, alle manifestazioni di piazza, ha strabuzzato gli occhi come se venisse in quel momento a conoscenza di una oscura e nascosta verità, è antico quanto irrisolto. E per dare la misura esatta di ciò che diciamo, sarà bene raccontarvi una storia.
All’Ateneo di Palermo molti si ricordano di lui. Il professore Gianfranco Cupidi era docente di Medicina interna e Geriatria alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Insegnava agli studenti prossimi alla laurea, quindi ai futuri medici, ai fisioterapisti e agli specializzandi in Geriatria. Dal 1999 fu delegato dall’allora Rettore a coordinare le iniziative per l’integrazione degli studenti disabili dell’Università di Palermo. Dalla sua energia e dai suoi sforzi, anche contro l’ottusa burocrazia, vide la luce il Centro universitario per la Disabilità a supporto degli studenti. Il professor Cupidi, insieme a due colleghi delle Università di Padova e di Roma Tre, rappresentava i delegati per la disabilità dei Rettori delle Università italiane alla Conferenza nazionale dei Rettori.
Il 7 novembre del 2002 il professore scrisse, per motivi personali ma non solo, una accorata lettera all’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Nella missiva, dopo una dettagliata presentazione del proprio percorso professionale, il professore esponeva una complicata situazione, la sua, identica però a molte altre storie.
“Le scrivo per il fatto che la mia famiglia è costretta a vivere in una condizione quotidiana di disagio a causa del Servizio Sanitario Nazionale e Sociale che in Sicilia non si prendono cura delle persone non autosufficienti.
Infatti – spiegava Cupidi – mio figlio Giovanni, di anni 25, laureando in Statistica ed Economia, tetraplegico non autosufficiente e quindi totalmente dipendente dagli altri per i più elementari atti della vita quotidiana, a causa di una malattia virale che 11 anni fa lo ha colpito al tratto cervicale del midollo spinale, da 11 anni non riesce ad avere una seria assistenza dal servizio sanitario e dal servizio sociale siciliano.
Anche per le cure in fase acuta e per la riabilitazione post-acuzie – raccontava ancora il professore – siamo stati costretti a trasferirci prima a Milano e poi ad Imola. Assistiamo Giovanni 23 ore al giorno in quanto la Asl 6 solo recentemente ha dato incarico ad una cooperativa di fornire assistenza fisioterapica domiciliare, con il risultato che un fisioterapista viene a mobilizzare a letto Giovanni per 60 minuti al giorno, escluso la domenica ed i festivi e poi lo lascia alle nostre cure, dicendo che più di tanto non può fare per convenzione. Noi provvediamo ad alzarlo dal letto, a metterlo seduto in carrozzina e poi in posizione ortostatica con un apposito apparecchio e poi a tutto quello di cui ha bisogno per sopravvivere.
Questa situazione si protrae da 11 anni. Se mio figlio restasse 24 ore a letto già sarebbe morto!”
Il professore Cupidi, che con la disabilità si confrontava ogni istante della sua vita, e che aveva dedicato i suoi incessanti studi alle persone con fragilità, passava poi dal particolare al generale, ponendo una serie di questioni che rimangono tutt’ora attuali, nonostante il passare del tempo.
“Mi chiedo: siamo anche noi cittadini italiani? – scriveva il professore – . Perché altrove le persone con disabilità non autosufficienti vengono assistite ed in Sicilia, invece, vengono lasciate alle cure delle famiglie o di pochissime persone di buona volontà?”
Cupidi circostanziava e motivava la sua lettera spiegando a Ciampi: “Ho pensato di scrivere a Lei che è il Presidente di tutti gli italiani per avere un sostanziale aiuto per cambiare la situazione e per conoscere come vengono spese le ingenti somme che il servizio sanitario ed il servizio sociale destinano all’assistenza delle persone con gravi disabilità, alla riabilitazione ed ai servizi territoriali. Come vengono utilizzate le somme che i cittadini continuamente donano?
L’8 per mille è veramente utilizzato per aiutare gli altri?”
E ancora, si chiedeva: “Perché i siciliani non autosufficienti non possono usufruire di servizi essenziali per una dignitosa sopravvivenza? Perché in Sicilia le leggi sull’handicap e le leggi sociali non sono state recepite? Lo Statuto speciale è tale per danneggiare i siciliani più deboli?
Perché in Sicilia non vi sono servizi di riabilitazione pubblici? Perché i siciliani devono ricorrere ai servizi delle altre regioni?”.
“Come vede, Signor Presidente – concludeva il professore – le domande sono tante, ma la domanda alla quale una società civile deve dare risposta è quella di aiuto che viene dalle persone che sono costrette a dipendere dagli altri per i più elementari atti della vita quotidiana”.
Per dovere di cronaca occorre specificare che nel febbraio del 2003, appena cinque mesi prima che venisse a mancare per un improvviso e fatale malore, al combattivo professore Cupidi arrivò la risposta alla sua lettera dal dottore Fabrizio Nevola, allora Capo del Servizio Affari generali divisione Relazioni con i cittadini del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica: “Gentile Professor Cupidi, il Presidente della Repubblica comprende la Sua situazione e Le invia una parola di incoraggiamento e conforto. Le assicuro che il Capo dello Stato segue con partecipe attenzione l’intera problematica dei portatori di handicap, ha sollecitato concrete iniziative in loro favore e continuerà, nell’ambito dei suoi poteri, in questa azione. Da parte mia voglio esprimerle l’augurio che il futuro possa recare migliori condizioni di vita a Lei e al Suo Giovanni”.
Dalle parole scritte dal professore Cupidi, con la lucidità dell’uomo di scienza ed il cuore di padre, sono trascorsi 15 anni. Cos’è cambiato? Assolutamente nulla. L’aiuto a chi non è autosufficiente ancora non c’è.
Il protagonista della lettera, Giovanni, ne è la dimostrazione. Ha fatto tesoro dell’eredità morale e della passione civica del padre, e con coraggio, ha deciso di metterci la faccia. Negli ultimi mesi lo abbiamo visto sui giornali ed in tv: promotore della mobilitazione dei disabili siciliani senza assistenza, di una petizione su change.org e di un appello a Papa Francesco, Giovanni ha fatto di tutto per conquistare piccoli scampoli di normalità per sé e per chi vive come lui.
Ha concluso brillantemente il suo percorso universitario, oggi è uno statistico ma è soprattutto una persona che cerca di dar voce a chi sta talmente male da non essere in grado di chiedere che gli vengano riconosciuti i propri diritti.
Così come accadeva nel 2002, ancora oggi Giovanni non ha l’assistenza H24. Da qualche giorno è costretto a letto a causa dell’acuirsi di alcuni disturbi dovuti alla sua disabilità. Ad occuparsi di lui, da quando il padre non c’è più, è rimasta mamma Erina, aiutata da assistenti che Giovanni deve pagarsi di tasca propria, quando può.
“Il decreto presidenziale definitivo”, in lui non può che suscitare un amaro sorriso. Diplomaticamente si potrebbe parlare di ‘perplessità’, ma la sensazione di tutti è che sia l’ennesima presa in giro. Giovanni, che fa parte del comitato #siamohandicappatinocretini, che è vicepresidente della onlus Insieme per l’Autismo nonché tra i membri del direttivo del direttivo del Disability Pride Italia, si confronta ogni giorno con decine di persone sui temi della disabilità, ben spiegati ed approfonditi anche sul suo blog personale, uno dei più letti in Sicilia in materia di handicap. A motivo delle sue competenze, Giovanni era stato persino scelto dal governatore in qualità di coordinatore di una fantomatica Cabina di regia regionale sulla Disabilità. Una chimera, perché i lavori non sono mai partiti, tanto che Giovanni ha deciso, a due settimane dalla nomina, quando tutto ancora taceva, nonostante la situazione emergenziale dei disabili, e della Cabina non si avevano notizie, di dimettersi. E non avrebbe potuto fare altrimenti.
In merito al decreto, Giovanni Cupidi fa alcune semplici considerazioni.
Innanzitutto: “Crocetta aveva detto che gli aiuti sarebbero partiti da aprile e ancora non si è visto nulla. Il decreto inoltre lascia intendere che la platea dei destinatari dovrebbe aumentare, come abbiamo sempre sostenuto, ma aumentare la platea equivale a rimpinguare il fondo trovando nuove risorse oppure ci saranno meno soldi per tutti?”
In ogni caso, Giovanni fa notare “che l’assegno di 18mila euro è comunque insufficiente a garantire ai disabili gravissimi l’assistenza H24. Con questa disponibilità economica al massimo potremo pagarci 5 o 6 ore al giorno di assistenza”. E infine: “Resta il dubbio su come effettivamente questi soldi verranno spesi senza rendicontazione. Io continuo a sostenere che la soluzione migliore è l’assistenza domiciliare indiretta”.
Le conclusioni che possiamo trarre da quanto è stato detto non sono affatto positive. La società non è ancora a misura di disabile e le istituzioni continuano ad essere inadeguate.
Giovanni ed i suoi compagni di lotta di certo non si arrenderanno e non sono disposti ad accettare contentini di sorta. Ci auguriamo che di questo i nostri politici – dai quali i disabili non si sentono rappresentati né tutelati, così come nessuno di noi cittadini – tengano davvero conto.
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