Un sistema corruttivo annidatosi nel settore degli appalti per le opere pubbliche. A svelarlo l’indagine svolta dalla Sezione “Anticorruzione” della Squadra Mobile di Palermo che ha portato all’operazione “Cuci e Scuci” dello scorso 7 maggio culminata nell’arresto di funzionari pubblici.

Un giro di tangenti gravitava attorno agli appalti per le opere pubbliche.

Adesso Antonio Casella, uno dei funzionari del provveditorato interregionale alle opere pubbliche coinvolti nelle indagini sulle tangenti e maggiorazioni degli appalti ha deciso di collaborare con gli inquirenti e raccontare il modus operandi, collaudato, di chi con gli appalti si arricchiva.

La notizia viene riportata dalla edizione odierna di Repubblica Palermo.
Casella nei giorni scorsi è stato interrogato dal sostituto procuratore Maria Pia Ticino che conduce l’indagine con i colleghi Giacomo Brandini e Pierangelo Padova, a coordinare l’inchiesta è il procuratore aggiunto Sergio Demontis.
Casella, difeso dall’avvocato Fabrizio Biondo, ricostruisce alcuni episodi.
Come quando lui e Claudio Monte, dissero ad un imprenditore che erano disponibili a falsificare gli atti contabili in modo da permettergli di realizzare le plusvalenze che poi in parte gli avrebbe restituito sotto forma di tangenti.

Al provveditorato interregionale delle opere pubbliche i ruoli, a quanto riferito da Casella, erano ben distinti.
C’è anche l’episodio inerente i lavori di ristrutturazione di una scuola di Enna.
Casella, come scrive ancora Repubblica Palermo, spiega come “era Carlo Amato (uno dei funzionari arrestati, ndr) ad intrattenere i rapporti con le imprese, anche se questo ruolo qualche volta toccava anche a me – dice Casella – In quel caso non era possibile stabilire a priori la somma da chiedere perché questa sarebbe variata in base alle plusvalenze che era possibile inserire nella perizia di variante. In ogni caso la ripartizione della tangente fra me e Amato era al 50 per cento, almeno quando il denaro lo ricevevo io”.

Attualmente, sono quattro i funzionari che si trovano ai domiciliari, si tratta di Carlo Amato, Francesco Barberi, Antonio Casella e Claudio Monte. Altri due sono stati sospesi per un anno, mentre otto imprenditori sono stati raggiunti da un’interdittiva e non possono lavorare con la pubblica amministrazione.