Da marzo del 2020 i cinque nuclei familiari che da 9 anni occupano l’ex monastero delle Vergini Benedettine di Palermo attendono ancora risposte dalle istituzioni sul loro futuro abitativo. Si tratta di una vertenza che gioca di sponda tra il Comune, i suoi assessorati e la Curia, proprietaria dell’immobile di piazza del Parlatoio. Gli abitanti delle case occupate, nel corso degli anni, hanno provveduto a mettere in sicurezza gran parte dello stabile attraverso piccole opere di auto-recupero. Grazie al loro impegno e alla loro volontà, hanno trasformato l’ex monastero in uno spazio abitativo. Nonostante l’aiuto dimostrato dalla Curia con il pagamento delle utenze nel corso degli anni, la disponibilità sembra essersi esaurita. Nei mesi scorsi, infatti, sono arrivate delle minacce indirette di sgombero da parte degli assistenti sociali.

La Curia rivuole gli spazi

Presa nota della volontà della Curia di riappropriarsi degli spazi in un tempo limite fissato per ottobre 2021, gli occupanti si sono interfacciati più volte con gli assessorati competenti al fine di trovare una soluzione stabile e riconsegnare l’immobile. Si è trattato di un percorso comune tra l’assessorato Dignità dell’Abitare diretto da Cinzia Mantegna, l’assessorato al Patrimonio nella figura dell’assessore Toni Sala e l’ente della Caritas. Diverse le proposte portate sul tavolo da parte delle famiglie, insieme al comitato territoriale Olivella, che dal primo giorno ne ha seguito le vicende partecipando agli incontri. Tra queste, quella di ampliare il regolamento per l’assegnazione di alloggi in ”auto recupero”, una soluzione concreta per migliaia di famiglie palermitane in emergenza abitativa. La richiesta era stata accolta dall’assessore Mantegna, ma fino ad oggi nessuna assegnazione è stata portata a termine.

Il regolamento

“Secondo l’articolo 27 che governa la materia dell’assegnazione degli alloggi del regolamento ‘Interventi Abitativi del Comune’, – affermano i militanti del Comitato territoriale Olivella che stanno seguendo la vertenza – gli alloggi disponibili in caso di particolare urgenza devono essere assegnati prioritariamente ai nuclei familiari che abbiano un grave disagio abitativo, perché privi di alloggio o con alloggi impropriamente adibito ad abitazione chiese e conventi, rientrano nelle categorie descritte dal regolamento comunale perché alloggi impropriamente adibiti ad abitazioni. È una situazione paradossale, per 9 anni queste famiglie sono state completamente abbandonate dalle varie amministrazioni comunali. Pretendiamo – continuano i militanti – che vengano prese delle soluzioni concrete e non misure tampone che non risolvono alla radice il problema abitativo”.

Beni inutilizzati

Inoltre, secondo l’ultimo rapporto consegnato dall’ufficio della Regione Siciliana sulla situazione riguardante i beni confiscati, “Il 55% dei beni è rimasto inutilizzato per i seguenti motivi: mancanza delle risorse necessarie alla ristrutturazione e alla riconversione, mancato avvio o ultimazione delle relative procedure di assegnazione, occupazioni da parte di terzi con o senza titolo e avvisi pubblici per l’assegnazione andati deserti”.

Si cerca una soluzione

“L’amministrazione comunale e gli organi di competenza – prosegue la nota – devono assumersi le loro responsabilità e risolvere l’emergenza abitativa della città attraverso politiche reali e durature”. Nonostante gli incontri con gli assessorati competenti, ad oggi, non è stata trovata una misura adeguata per garantire un tetto ai nuclei familiari. Le famiglie dell’ex Monastero sono pronte a mobilitarsi e a prendere le misure adeguate per resistere alle minacce di sgombero. “Non ci fermeremo finché non verrà rispettato il diritto alla casa” affermano le famiglie coinvolte. Nell’attesa di una risposta, gli occupanti continueranno a resistere e cercare nuovi percorsi partecipati al fine di venire a capo a questa emergenza.

 

 

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