Siamo già a due arresti tra gli operatori sanitari in servizio alla Fiera del Mediterraneo che avrebbero effettuato falsi vaccini. L’indagine della Digos della questura di Palermo non è ancora chiusa.
Anna Maria Lo Brano e Giorgia Camarda non sarebbero sole in questa truffa.
Anna Maria Lo Brano nei giorni scorsi davanti al procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Felice De Benedittis, ha iniziato la sua confessione spiegando come conobbe il commerciante Giuseppe Tomasino, uno degli arrestati lo scorso dicembre.
L’incontro ad una festa con i no vax
“Eravamo ad una festa di comuni amici, in quell’occasione mi chiese di dargli una mano in quanto era un No Vax convinto e non voleva assolutamente fare il vaccino». Qualche giorno dopo, si videro nel negozio di Tomasino, in corso Pisani. “C’erano anche Filippo Accetta (il leader dei No Vax – ndr), e un’altra persona”. “L’accordo concluso in quella sede – ha detto l’infermiera – era che io avrei procurato dei falsi certificati di tampone Covid con esito negativo, riguardanti Tomasino, Accetta e due dei suoi figli, in cambio di 50 euro per ciascuno, mentre l’altra persona si sarebbe occupata dell’effettuazione o comunque dell’organizzazione delle false inoculazioni, in cambio di 400 euro per ciascuno”.
Dunque, potrebbe esserci un altro infermiere coinvolto nelle false vaccinazioni. Anche perché all’epoca, Anna Maria Lo Brano non aveva ancora preso servizio all’hub della Fiera.
“Il pagamento avvenne in quella sede – così prosegue il racconto dell’infermiera – ed io percepì 200 euro per i tamponi, e altri 400 euro come ulteriore compenso”. Mille e 200 euro andarono invece al misterioso complice.
I falsi vaccini alla Fiera
Poi, la normativa cambiò. “Non ci fu più bisogno di effettuare i falsi certificati di tamponi e quindi mi venne detto che mi sarei dovuta occupare io delle false vaccinazioni”. Qui, un altro omissis, che sembra chiamare in causa un ulteriore complice, che aveva la funzione di reclutare i clienti.
Chi ha usufruito dei falsi vaccini
Anna Maria Lo Brano fa poi i nomi delle persone che si erano rivolte a lei per le false vaccinazioni, una decina: “Un poliziotto, tre mie vicine di casa, anche una mia collega dell’hub, Giorgia Camarda, che aveva fatto regolarmente le prime due dosi con Pfizer e aveva paura della terza dose, che sarebbe stata effettuata con Moderna, da lei e dalle vicine di casa non ho percepito soldi”.
Il sistema era sempre lo stesso: “Svuotavo il contenuto della siringa in una garza e poi infilavo l’ago nel braccio, senza iniettare nulla”. Quasi in lacrime, l’infermiera ha sussurrato: “Sono pentita di quello che ho fatto, ho agito solo per bisogno di denaro, necessario per mantenere mio figlio agli studi universitari. Anche perché quando accettato di effettuare i falsi vaccini, sapevo che non avrei percepito, per ragioni fiscali, lo stipendio di novembre”. Adesso, rischia il licenziamento. Mentre resta in carcere il leader dei No Vax.
A caccia di altri complici
“Il 10 novembre, Accetta si presentò all’hub vaccinale con i suoi due figli e con Tomasino – racconta l’infermiera -. In quell’occasione, feci la falsa inoculazione del vaccino a tutti, tranne a uno dei figli di Accetta, perché aveva paura”. Qualche giorno dopo, Tomasino tornò a farsi sentire: “Il figlio di Accetta temeva che gli fosse stato effettuato effettivamente il vaccino, lo rassicurai sul fatto che non avevo iniettato il siero”. Quando fu il momento della seconda dose, Accetta e Tomasino contattarono uno dei complici dell’infermiera. L’ennesimo omissis del verbale: “Poi, però, non è stato concluso alcun accordo”, spiega lei. Ma chi sono i complici? L’infermiera racconta che un giorno, ricevette una telefonata da uno dei misteriosi personaggi, “mi chiedeva di fare una medicazione, poco dopo si presentò all’Hub con due persone per il falso vaccino”. La lista dei complici non è finita. Le indagini della Digos proseguono,
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