Otto o nove mercatini fissi e aperti tutta la giornata che permettano anche l’incremento degli stalli, un “giubileo amministrativo” che restituisca le licenze revocate per mancato pagamento del suolo pubblico in cambio di dilazioni quadriennali, un Fondo fiducia che limiti abusivismo e usura.

Sono alcuni dei temi e delle proposte emerse nel corso del convegno organizzato da Confimprese Palermo, che si è svolto presso la Camera di commercio di Palermo ed Enna, volto a lanciare una nuova iniziativa per dotare la città di nuove tensostrutture fisse, aperte non soltanto nelle ore mattutine ma per tutta la giornata.

La prima, alla Zisa, che dovrebbe essere già realizzata entro il 2020, sarà un’area finalizzata a fornire almeno ottanta stalli coperti agli ambulanti che verrebbero così regolarizzati nell’ambito di un piano a tutela del commercio e del consumatore. Nel corso del convegno è stato presentato il rendering “Il mercato coperto della Zisa”, realizzato dalle allieve architetti Martina Guida e Cristina Curto. A presiedere i lavori Riccardo Florio, presidente Confimprese Ambulanti Palermo. Sono intervenuti, tra gli altri, Nunzio Reina, vicepresidente CCIAA Palermo ed Enna; Leopoldo Piampiano, assessore Attività produttive Comune di Palermo; Roberto D’Agostino, assessore Bilancio e Patrimonio Comune di Palermo; Ottavio Zacco, presidente Commissione Attività Produttive Comune di Palermo; Mimmo Turano, assessore regionale Attività produttive.

Le iniziative di Confimprese sono rivolte non soltanto ai mercati del capoluogo, ma anche a tutto il Palermitano e alle altre province siciliane.

Secondo uno studio dell’associazione di categoria, gli ambulanti nel solo territorio di Palermo e provincia, sono circa 5.200 escluse le centinaia di abusivi che ancora gravitano nelle aree mercatali. I mercatini di Palermo sono oggi 23, con 2.253 posti totali e 406 vuoti. La giornata con più stand attivi, 437, è quella del sabato.

Con il nuovo progetto, presentato da Confimprese, la proiezione relativa ai mercati giornalieri sarebbe questa: 8-9 mercati al giorno da 80 stand ciascuno, disponibilità posti giornalieri 640-720, che equivarrebbe a oltre 4 mila posti contro i 2.253 attuali.

“Lo tsunami della revoca delle licenze agli ambulanti ha detto Giovanni Felice, coordinatore regionale Confimprese, durante il suo intervento – per mancato pagamento di Tosap e Cosap, rispettivamente tassa e contributo per l’occupazione di aree pubbliche, deve e può essere fermato. Restituendo le licenze subito a centinaia di commercianti che le hanno perse, attraverso un “giubileo amministrativo” che dia ai commercianti penalizzati la possibilità di riprendere immediatamente la propria attività e a quelli in affanno di continuarla in un contesto finanziario meno drammatico. Ai comuni non chiediamo regali né condoni tombali sugli arretrati delle tasse sul suolo pubblico. Chiediamo soltanto fiducia. Così abbiamo chiamato il fondo la cui istituzione è ormai improcrastinabile: Fondo Fiducia, uno strumento che dia agli ambulanti ossigeno e mezzi per affrontare le pendenze senza che si ingrossino le file dell’abusivismo e aumenti la disoccupazione. Inoltre, il Fondo fiducia può essere finanziato dall’Unione europea come già accaduto nel Lazio”.

I numeri del comparto aggiornati al 30 giugno 2019, denuncia Confimprese Palermo, sono ferite fresche, le perdite enormi e impietose: in Italia gli ambulanti sono in tutto 179.969, 8.929 in meno rispetto al 2018; in Sicilia oltre il 10% del totale nazionale: 19.054, con una emorragia di 672 licenze rispetto al 2018. In provincia di Palermo vivono di commercio ambulante e mercatini 5.145 famiglie.

Felice spiega il funzionamento del “giubileo amministrativo”, che è in cima alle urgenze e alle richieste di Confimprese: «Si tratta di un condono di tipo amministrativo, che chiediamo a gran voce alle amministrazioni comunali, e non di una sanatoria. In cambio di una restituzione immediata delle licenze revocate per gli inadempimenti temporanei, il commerciante si impegna a saldare le tasse arretrate, spalmandole in quarantotto mesi senza avere l’acqua alla gola con lo spettro sempre incombente della revoca della licenza o l’impossibilità di andare in strada a vendere perché gli è stata ritirata».

Nel corso del suo intervento, Gaspare Compagno ha evidenziato i punti di forza del Fondo Fiducia: «Quanto costa alla società vedere fallire un ambulante? Limitandoci a due dati, possiamo dire che dall’1 gennaio, i commercianti costretti a gettare la spugna in anticipo rispetto all’età per la pensione di vecchiaia (67 anni dall’1 gennaio), potranno ottenere il riconoscimento di un indennizzo pari al trattamento minimo dell’Inps (513 euro mensili dal 2019).

L’opportunità è offerta ai commercianti con 62 anni (57 per le donne) che chiudono definitivamente il negozio e riconsegnano la licenza commerciale. L’indennizzo viene erogato fino al compimento dell’età per la pensione. Ogni anno il costo è di 6.156 euro per ogni ambulante fallito.

Aggiungiamo i mancati introiti di Tosap/Cosap, (circa 4 mila euro annui in media pagati complessivamente dagli ambulanti) e arriviamo a superare i 10 mila euro annui come costi o mancati introiti. Non stiamo considerando i mancati versamenti INPS, se l’ambulante ha uno o due dipendenti anche questi graveranno sulla società (basta considerare l’indennità di disoccupazione) e neanche le ricadute sul commercio in generale (gli ambulanti coprono circa il 22% del commercio in Sicilia).

I costi sono elevati e proprio per questo vi è sempre stata una presa di posizione a favore delle microimprese e degli ambulanti sia da parte degli organismi europei, sia da parte di soggetti italiani: la Regione Piemonte ha stanziato 950 mila euro (fondo che verrà aumentato in seguito) per le aree mercatali, come sta facendo la Lombardia che ha messo a disposizione 3 milioni di euro per la riqualificazione delle aree mercatali per sostenere i commercianti ambulanti.

Il Fondo antiusura si preoccupa dei soggetti che non possono accedere ai finanziamenti bancari e fornisce garanzie fino all’85% dell’importo richiesto per aiutare le imprese che incorrono in calamità naturali, che hanno problemi di liquidità o soggetti protestati, ma anche in questo caso la Sicilia, di fatto, è tagliata fuori».