“Fino a quando non avrò l’agenda rossa di Paolo non avrò pace. L’agenda è dentro le istituzioni. La verità è dentro lo Stato”. Ha dirlo in via D’Amelio a 28 anni dalla strage è Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia. In via D’Amelio, c’è anche Antonio Vullo, uno dei poliziotti di scorta di Paolo Borsellino, sopravvissuto all’attentato del 109 luglio.

E’ lui che precede il minuto di silenzio alle 16.58. Dice: “Sapeva che il prossimo sarebbe stato lui, tutti lo sapevamo. Ma fu lasciato solo. Spero che adesso non vengano lasciati soli tanti magistrati che continuano a impegnarsi per la ricerca della verità”. Ad ascoltarlo, quattrocento persone. Giovani delle associazioni, famiglie, qualche turista, studenti. E poi il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra, l’ex pm Roberto Tartagalia, oggi vice capo del Dap, l’ex presidente del Senato Piero Grasso, il sindaco Leoluca Orlando. “Giustizia, vogliamo giustizia”, torna a urlare Salvatore Borsellino. Ma la strada verso la verità è ancora tortuosa”.

“Io penso che tante celebrazioni e commemora che si fanno per le stragi del passato riescono nonostante tutto  a far esprime un sorriso a volte perché si pensa alla verità raggiunta al percorso che si è fatto. In via D’Amelio non è mai così – ha detto Tartaglia – io penso che tanti palermitani  e non solo palermitani sentiamo che arriva la celebrazione giorni prima lo sentiamo con un nodo allo stomaco.

Il nodo che è tutto quello che manca dei pezzi che mancano alla ricostruzione che è stata la strage di via D’Amelio che è stata una storia brutta. Tutto quello che ci manca passa nel mistero dell’accelerazione di chi ha deciso e dei motivi che hanno portato a Salvatore Riina in quei 57 giorni di accelerare e realizzare una cosa che non era in programma. Quanto penso all’accelerazione  penso che ha raccontato il collaboratore Cancemi che parla di una riunione fatta poco prima del 19 a casa di Guzzo alla quale ha preso parte Riina e subito dopo la riunione il collaboratore dice che Riina aveva premura e ho avuto la sensazione che avesse un impegno preso che lo dovesse fare. Fino a quando non riusciremo a dare le risposte su questa accelerazione il nodo allo stomaco che c’è in questa strada non andrà via e non riusciremo a sorridere per questa celebrazione”.

“La verità su questa strage non c’è e non è detto che ci possa essere tra due anni o tre anni – ha detto Nicola Morra presidente della commissione nazionale antimafia  – Dobbiamo prendere consapevolezza che le forze contro cui combattiamo non solo irrilevanti. Io mi domandi in quale altre occasioni un uomo così legato ad un magistrato ucciso in una strage, pur volendosi far sentire e avendo tanto da dire non sia stato sentito dalla magistratura e il riferimento è che Paolo Borsellino non sia stato mai ascoltato dopo la strage di Capaci, questo rimane inspiegabile e assurdo anche dal punto di vista giudiziario”.