La polizia di Stato ha arrestato Pietro Salamone, 35 anni palermitano, per estorsione. Secondo le indagini è emerso che Salamone insieme a tre complici, tra l’agosto e il novembre 2012, ha chiesto il pizzo ai titolari di una ditta di importazione e distribuzione di prodotti ed articoli per la casa.

I commercianti dovevano pagare 300 euro mensili per la messa a posto. Soldi versati “per stare tranquilli”. Gli uomini della squadra mobile attraverso sistemi di videosorveglianza sono riusciti a ricostruire le estorsioni che sono state confermate dalle vittime.

L’arresto arriva dopo la sentenza di condanna a tre anni di reclusione del 2014 in Corte d’Appello e l’inammissibilità del ricorso in Cassazione.

La vicenda nasce da una laboriosa e complessa attività investigativa posta in essere dagli agenti della Squadra Mobile, “Sezione Criminalità Organizzata”, a seguito delle denunce rese dai titolari di alcuni esercizi commerciali palermitani, ricadenti nell’ambito territoriale del mandamento mafioso di “San Lorenzo”.

A conclusione dell’attività, il 18 dicembre 2012, i poliziotti hanno dato esecuzione a 4 fermi di indiziato di delitto emessi dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, fra cui quello a carico.

Il 20 dicembre, al termine della relativa udienza, a carico di Salamone e degli altri fermati, il Giudice per le Indagini Preliminari emetteva Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere, accogliendo le ipotesi di reato formulate dal Pm sulla base delle fonti di prova raccolte dagli investigatori.

Dall’indagine è emerso che Salamone e i suoi complici, tra l’agosto e il novembre 2012, minacciava con metodi mafiosi i titolari di una ditta di importazione e distribuzione di prodotti ed articoli per la casa.

La richiesta era la solita, la messa a posto con il pagamento mensile di 300 euro “…per stare tranquilli”;

Gli investigatori nel corso delle indagini, hanno ricostruito, grazie ai sistemi di videosorveglianza ed a mirati servizi di appostamento e intercettazioni, le modalità dell’imposizione ed i tentativi di richiesta di pizzo come raccontato dalle stesse vittime,.

Approcci e metodi erano mafiosi. In più sono stati accertati  diversi e reiterati “passaggi” davanti alla sede  dell’azienda. Perlustrazioni vere e proprie queste ultime, con ciclomotori, “utili ad rendere sicuro e più incisivo l’avvicinamento degli imprenditori o degli impiegati”.