Sarà una resa dei conti, in tutti i sensi, quella attesa all’interno del Consiglio Comunale di Palermo. Sede nella quale si tornerà a parlare di piano di riequilibrio. Nell’ultima seduta a Sala delle Lapidi sono volati letteralmente gli stracci, fra urla ed accuse reciproche. Con la campagna elettorale già iniziata da tempo, sul piatto di Palazzo delle Aquile arriva la delibera sull’aumento dell’aliquota Irpef. Un salasso da lacrime e sangue che ricadrà sui palermitani già a partire dall’annualità in corso. Ma c’è un “ma”: i già enormi incrementi dell’aliquota potrebbero non bastare.
Irpef alle stelle, ma potrebbe non bastare
C’è un problema, dicevamo. A porre la questione è il ragioniere generale Bohuslav Basile, nel parere espresso relativo alla delibera sugli aumenti in deroga, rispetto alla leggi statali, dell’addizionale Irpef. Un aumento necessario per permettere la sussistenza del piano di riequilibrio anche se, a parere del dirigente del Comune di Palermo, potrebbe non essere sufficiente. Ciò a causa delle minori entrate ipotizzate dai fondi destinati dal Governo nazionale alla causa palermitana. Secondo quanto prevede l’attuale delibera presentata dalla Giunta, “l’aliquota della compartecipazione comunale dell’addizionale IRPEF è determinata nella misura dell’1,57% per il 2022, (ciò al fine di ottenere un gettito fiscale pari ad 101,1 milioni di euro), e dell’1,73 % per il 2023 (con un gettito pari a 111,6 milioni di euro)”. Numeri sui quali il ragioniere generale è estremamente chiaro.
“Si ribadisce che se il contributo erariale spettante al Comune sarà definitivamente inferiore, come già comunicato dal MEF in via non definitiva, rispetto a quello comunicato dal segretario generale, occorrerà, al fine del mantenimento dell’esile equilibrio di parte corrente previsto nel detto piano, incrementare l’addizionale IRPEF“. Un incremento che Basile calcola in 1,3 milioni di euro per il 2022 (con aliquota aumentata di un ulteriore 0,04%) e di 2,6 milioni di euro per il 2023 (con aliquota che sale dello 0,03%). Questo in modo che “il gettito effettivo finale sia idoneo a compensare i minori trasferimenti pluriennali dallo Stato”. Potere, quello di dover modificare in futuro le aliquote, che nella stessa delibera viene riconosciuto al Consiglio Comunale.
Il Consiglio Comunale attende il confronto con il sindaco Orlando
Un accordo, quello fra lo Stato e il Comune di Palermo, fissato al centro dell’agenda politica di Sala delle Lapidi. Il presidente Totò Orlando ha infatti convocato il Consiglio Comunale per il 29 marzo, con un solo punto all’ordine del giorno, ovvero il documento che sarà presentato a Roma e relativo al piano di riequilibrio. Questione, sulla quale, si è registrata un’accesa invettiva politica da parte delle opposizioni, con la seduta del 22 marzo che si è chiusa in un gigantesco nulla di fatto.
Fra i più critici il consigliere comunale di “Oso” Ugo Forello, il quale ha contestato al sindaco di aver fatto ricorso al delibato di Giunta per giustificare l’atto. Ovvero, un documento atecnico che non ha bisogno dei pareri degli uffici, così come dovrebbe avvenire per una delibera. Un intervento nel quale l’ex esponente pentastellato ha definito il primo cittadino “un codardo”, in quanto si sarebbe sottratto al confronto con le opposizioni. Proprio su questo aspetto, si attendono risposte da Leoluca Orlando, che dovrà decidere se affrontare il dibattito in Consiglio oppure limitarsi a quanto già dichiarato in precedenza.
Sala delle Lapidi paralizzata
Da quel famoso tour de force di fine gennaio, con il quale fu approvato il piano di riequilibrio, il Consiglio Comunale è riuscito a fare ben poco. Un organo frenato da diversi problemi strutturali e burocratici. A cominciare da una maggioranza politica con numeri decisamente scarni. Questo nonostante un asse fra PD e M5S oggi certificato sul sostegno alla candidatura di Franco Miceli ma che, nei fatti, si è già formato durante le occupazioni d’aula relative al piano triennale delle opere pubbliche 20-22. Un asse, quello giallorosso, chiamato a Palermo a soddisfare la difficile missione di mantenere un’unità di coalizione, nonostante la necessità di perorare una discontinuità politica rispetto alla consiliatura uscente.
Numeri deficitari quelli del Consiglio Comunale, certificati dal presidente di Sala delle Lapidi Totò Orlando, durante un intervento d’aula nella seduta del 22 marzo. “Il Consiglio Comunale, dal 9 febbraio ad oggi, si è riunito nove volte. Ha approvato nove proposte di cui otto debiti fuori bilancio. Un respingimento della proposta del PRUSST. Tre mozioni legate a quello che sta succedendo sullo scenario internazionale, un ordine del giorno e i verbali delle sedute precedenti. Chi viene qua a dare lezioni, dovrebbe solo vergognarsi, a cominciare dalla presidenza. E’ una vergogna”, ha tuonato Totò Orlando.
Si torna così in aula sul piano di riequilibrio, in attesa di capire se vi sarà l’ennesimo confronto fra il sindaco e il Consiglio Comunale. Quel che è certo è che, in questo finale di consiliatura, difficilmente si riuscirà a parlare di altro. Sono tanti gli atti che, già da tempo, attendono in paziente attesa la loro trattazione. La campagna elettorale fuori chiama, ma il futuro dei prossimi vent’anni della città si gioca adesso.
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