I siciliani, soprattutto i giovani, sono e si sentono cittadini di serie C e lo scenario futuro è, per usare un eufemismo, più che sconfortante. Se si pensa che entro il 2050 sull’Isola resteranno soltanto gli anziani, il futuro che aspetta i siciliani appare nero.

Mancanza di prospettive lavorative, corruzione, meritocrazia negata, infrastrutture ferme al dopoguerra, malavita dilagante, rifiuti, sono tutti ingredienti di un grande pentolone in cui c’è un’isola, la Sicilia, dimenticata dal Governo regionale e a cuocere, a fuoco lento, in questa grande pentola ci sono soprattutto i giovani siciliani che, in massa, emigrano verso altre terre lontane, alla ricerca di quello che in Sicilia appare solo come un miraggio o qualcosa destinata a pochi eletti: il lavoro.

E lo scenario appare più che desolante anche dal resoconto fatto dall’assessore all’Economia Gaetano Armao che è il primo a riconoscere che “i siciliani sono cittadini di serie C e non solo per la scarsa disponibilità di infrastrutture”. Una povertà diventata quasi cronica in Sicilia, conseguenza, secondo l’amministratore regionale dall’abbandono graduale ma inesorabile da parte dei Governi nazionali. Intanto desertificazione imprenditoriale, impoverimento sono effetti di “politiche antimeridionali” che stanno portando la Sicilia ed il Sud al collasso.

E quella che si sta consumando sull’Isola è una vera e propria “strage generazionale” che, come lo stesso Armao sottolinea, è stata formulata dal Presidente Musumeci sin dal suo insediamento. La “mattanza” è confermata peraltro dai dati del Documento di economia e finanza regionale che il Governo regionale ha presentato e quelli appena pubblicati dall’Assessorato all’economia. Una strage sulla quale incide la ridotta natalità ed il deflusso migratorio verso altre regioni che, senza interventi tangibili per lo sviluppo da parte dello Stato, continuerà ancora per diversi anni. E in Sicilia spopolamento e desertificazione produttiva colpiranno in particolare le aree interne nelle quali, entro pochi decenni, interi Paesi si ridurranno a villaggi.

Armao chiede formalmente uno straordinario impegno al Governo statale al fine di invertire la rotta. Le previsioni dicono che la popolazione residente della Sicilia si ridurrà già nel 2030 a 4, 8 milioni di abitanti dagli attuali 5 milioni.

E a pagarne le spese più care saranno soprattutto i laureati residenti nel Mezzogiorno che tanto hanno investito non solo su se stessi ma anche sulla propria terra sperando che possa restituire loro quanto investito. Invece niente, meno della metà, solo il 47,7%, rimane in Sicilia, la rimanente parte scappa, fugge. “Una vera e propria devastazione di capitale umano – sottolinea Armao -, di investimento formativo pubblico e di sacrifici delle famiglie – nel periodo 2002-2017 il Mezzogiorno ha perduto più di 600.000 giovani e la Sicilia oltre 200.000) – che si può fermare solo realizzando significativi interventi infrastrutturali, favorendo lo sviluppo delle imprese, attraendo investimenti e nuovi residenti, stimolando la nascita di start-up”.

Ma allora cosa qual è la ricetta per fermare la crescente povertà e la disoccupazione e dare nuovo ottimismo ai giovani? Per Armao solo l’impresa e investimenti possono far crescere la Sicilia, e questi possono concentrarsi nelle aree dove più gravi sono i processi di spopolamento. “Non certo la spesa assistenziale ed improduttiva del reddito di cittadinanza di cui, purtroppo la Sicilia, è la seconda percettrice per le gravi condizioni di disoccupazione”, sottolinea.

E i giovani, almeno in questo potrebbero essere quasi d’accordo con l’assesosre secondo cui la Sicilia chiede investimenti produttivi e non trasferimenti clientelari a pioggia che, ricordando un vecchio detto cinese, forniscono a chi fame il pesce e non la canna da pesca che può renderlo autosufficiente.

Intanto 132 amministratori siciliani hanno inviatoal  ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli al fine di trovare soluzioni e proposte per bloccare la continua fuga verso l’estero o il Nord Italia di tantissimi giovani e, contestualmente, combattere l’elevato tasso di disoccupazione giovanile. Una proposta concreta è quella dei 132 sindaci: l’istituzione di una  Zona Franca Giovani che consiste in una serie di misure che incentivano la nascita di nuove imprese giovanili e sostengono l’occupazione giovanile, sull’esperienza delle Zone Franche , già sperimentate anche in Italia.

Chissà se il Piano per il Sud, tanto conclamato dal Governo nazionale, possa mai dare slancio e rilancio non solo all’economia siciliana ma alle speranze, ormai ridotte al lumicino dei giovani siciliani.

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