Crescono le diseguaglianze tra le Regioni rispetto alla qualità del servizio ferroviario offerto.

E’ ancora una volta a pagare il prezzo più alto sono le regioni del Mezzogiorno. Questo il dato più forte che emerge dal rapporto di Legambiente Pendolaria, illustrato oggi a Palermo.
Sui 5,5 milioni di pendolari, sono 2milioni e 832mila quelli che usufruiscono del servizio ferroviario regionale (divisi tra 1,37 milioni che utilizzano i convogli di Trenitalia e gli altri 20 concessionari) e 2milioni e 655mila quelli che prendono le metropolitane presenti a Milano, Roma, Napoli, Torino, Genova, Brescia e Catania.

Ogni giorno in tutto il Meridione circolano meno treni regionali che nella sola Lombardia e dal 2010 quelli regionali si sono ridotti del 21,9% e a questi tagli vanno sommati quelli degli Intercity. Per fare un esempio, le corse quotidiane dei treni regionali in tutta la Sicilia sono 429 contro le 2.300 della Lombardia. Inoltre, i treni sono più lenti e l’età media dei convogli al Sud è nettamente più alta: 20,3 anni rispetto ai 14,7 del Nord e ai 17,2 della media nazionale.

Nel 2016 il numero dei pendolari del treno è aumentato di poco: +0,7% rispetto al 2015 per il trasporto ferroviario e +0,6% per quello metropolitano.
La crescita dei pendolari è però un dato con differenze macroscopiche, perché aumenta dove il servizio non è stato tagliato e dove sono stati realizzati investimenti nell’acquisto di nuovi treni, come in Lombardia dove sono arrivati a 712mila (con un +1,3%), in Emilia-Romagna (+3%) e in Alto Adige (dove sulle linee riqualificate con treni nuovi sono triplicati, da 11.000 nel 2011 a quasi 32.000). Mentre continua a calare in Regioni dove dal 2010 a oggi sono stati realizzati solo tagli ai servizi (in Calabria -26,4% treni in circolazione e -31% passeggeri, in Campania -15,1% treni e -40,3% passeggeri, in Piemonte –8,4% e -9,5%) e nelle città dove il servizio è scadente, con sempre meno treni e sempre più vecchi come a Napoli sulla Circumvesuviana (le corse sono state ridotte del 30% dal 2010) o sulla Roma-Ostia Lido.

Risultati positivi li troviamo in altre realtà dove si è puntato sul ferro: dal Tram Firenze-Scandicci (30mila passeggeri giorno) a quelli nuovi di Palermo, alle linee dove si è investito in Alto Adige, alla linea Palermo-Catania, ad alcune linee pugliesi. E in ogni parte d’Italia, dove si investe nel ferro il successo è garantito come dimostrano 30 buone pratiche raccontate nel Rapporto.
“Abbiamo scelto di presentare Pendolaria a Palermo quest’anno – ha commentato Edoardo Zanchini – Vicepresidente di Legambiente – proprio perché sono il Sud e le città le emergenze dei trasporti nel nostro Paese. Cambiare e migliorare la situazione che vivono ogni giorno milioni di pendolari deve diventare una priorità, non solo per ridurre differenze e recuperare ritardi, ma perché è un grande investimento sul futuro del Paese”.

“Occorre sottolineare che tutte le tratte della Sicilia sono scomode e inefficienti – ha dichiarato il presidente di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna – a danno dei cittadini, soprattutto i pendolari, che sono letteralmente massacrati, e dei turisti. Sulla linea che collega Messina a Siracusa, passando per Catania la velocità media è di 64 km orari e negli ultimi 15 anni i treni si sono ridotti addirittura del 41% e viaggiano meno veloci che in passato. Stiamo parlando di 180 km di linea che collega tre grandi città siciliane, capoluoghi di Provincia, località turistiche e porti. Grave è anche lo stato di degrado delle stazioni. Se vogliamo davvero cambiare il nostro stile di vita è innegabile che invece di tagliare occorre investire sulle ferrovie. Sempre più persone, infatti, preferirebbero il treno all’auto o al pullman, ma in Sicilia la strada è ancora tutta in salita”.

Le ragioni di questa situazione sono da individuare, secondo Legambiente, in alcuni gravi errori compiuti in questi anni nelle politiche dei trasporti. Innanzitutto un trasferimento dei poteri sul servizio ferroviario locale alle Regioni senza indirizzi e controlli. Per cui sono state chiuse linee e cancellati collegamenti senza alcun intervento da parte dello Stato, quando i diritti dei cittadini alla mobilità sono gli stessi da Bolzano a Ragusa e garantiti da risorse pubbliche. In secondo luogo le risorse da parte dello Stato per far circolare i treni regionali sono state ridotte tra il 2009 e il 2016 del 19,1%, e solo poche Regioni hanno investito per garantire il servizio, in tutte le altre sono avvenuti tagli e aumenti dei biglietti. È da sottolineare poi che le Regioni hanno investito pochissimo per potenziare il servizio e comprare treni, in media la spesa per i pendolari non arriva allo 0,29% dei bilanci delle Regioni, ma nel Lazio, in Sicilia, Veneto, Puglia siamo sotto questa cifra. Infine, si è investito e si continua a investire su strade e autostrade, alta velocità ferroviaria relegando le risorse residue agli interventi nelle città e per potenziare le linee al Sud (dal 2002 al 2016 solo il 13,4% delle risorse per le infrastrutture è andato alle città). E sono i numeri di coloro che prendono il treno ogni giorno a far capire l’importanza di guardare a questi processi: 160mila sulle Frecce, 25mila su Italo, 40mila su Intercity, oltre 2milioni e 800mila sui treni regionali, 2milioni e 650 mila sulle metropolitane.
“Dobbiamo puntare a raddoppiare i pendolari che prendono treni regionali e metropolitani ogni giorno – ha continuato Zanchini –. Arrivare a 10 milioni di persone al 2030 è una sfida alla portata del nostro Paese e nell’interesse dei suoi cittadini, con vantaggi non solo in termini ambientali, ma di attrattività delle nostre città e dei territori, con ricadute positive sull’occupazione e sul turismo”.