Ormai è diventato il “tormentone” politico per eccellenza in  Sicilia che sta vivendo da protagonista questi ultimi giorni che separano il Paese dal 4 dicembre, quando i cittadini saranno chiamato a pronunciarsi sulla riforma costituzionale.

Nell’Isola, come anche nelle altre regioni a statuto speciale si fa strada un dubbio su come il territorio sarà rappresentato nel nuovo Senato qualora vincesse il Sì.

La poca chiarezza in materia nasce dalla apparente discordanza tra quanto prevede la nuova riforma su cui i cittadini sono chiamati a votare il 4 dicembre e quanto contenuto nello Statuto siciliano che all’articolo tre recita: “L’ufficio di Deputato regionale è incompatibile con quello di membro di una delle Camere, di un Consiglio regionale ovvero del Parlamento europeo”. Insomma esisterebbe un’incompatibilità.

A sollevare il dubbio sulla vicenda, all’Ars, è stato tra gli altri il deputato pentastellato Giancarlo Cancelleri. Da qui un parere richiesto dalla Presidenza dell’Assemblea a Giacomo D’Amico docente di Diritto Costituzionale all’Università di Messina, documento reso noto a Sala D’Ercole,  che sembra non lasciare dubbi in merito.

“Muovendo dalla considerazione banale che lo Statuto speciale è approvato con legge costituzionale, non pare esservi dubbio che in questo caso debba trovare applicazione il principio per cui lex posterior derogat legi priori. Dunque, la disposizione contenuta nella nuova (eventuale) legge costituzionale dovrebbe abrogare quella recata dalla precedente legge costituzionale (gli statuti speciali), trovando applicazione in questi casi l’art. 15 delle c.d. Preleggi, secondo cui  ‘Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore’In sostanza, il contrasto implicito tra la previsione di un Senato composto anche da consiglieri regionali e la disposizione che prevede l’incompatibilità tra le cariche di senatore e consigliere regionali, dovrebbe risolversi con il canone dell’abrogazione implicita… “.

Insomma il problema non sembrerebbe porsi:  “…Deve pertanto concludersi – scrive D’Amico-  nel senso che il contrasto implicito tra il nuovo (eventuale) art. 57 Cost. e l’art. 3, ult. co., Statuto Sicilia debba risolversi secondo il consueto criterio che regola la successione nel tempo delle leggi di pari rango e quindi nel senso dell’abrogazione implicita della seconda disposizione”.

La pensa così il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone intervistato da Blog Sicilia che dice “Mi sembra obiettivamente che la questione non esista. Io, attenendomi al mio ruolo di Presidente dell’Assemblea, ho richiesto un parere – sottolinea -.  Il vecchio Senato non esisterebbe più, nascrebber il Senato delle Autonomie. Poi mettere in campo in questo momento delle incompatibilità con il nuovo Senato dei nostri deputati mi sembra fuorviante – continua – . Non mi sembra che ci sia comunque alcuna incompatibilità indipendentemente dal principio di successione delle leggi nel tempo di pari rango costituzionale. E‘ un tormentone fuori luogo, sbandierato in campagna elettorale. Abbiamo fatto delle riunioni con i presidenti delle altre regioni a statuto speciale e concordiamo tutti che il problema non esiste ed i pareri sono concordi” conclude Ardizzone.