Già da alcuni giorni, circolano a mezzo stampa, voci su un paventato ricorso alla cassa integrazione per 300 lavoratori della Reset.

“Non capiamo il motivo di tanto clamore, dal momento che trattasi, per l’appunto, di sole ipotesi” – dichiara Mimma Calabrò, segretario generale della Fisascat Cisl Palermo Trapani – Nonostante la pandemia in corso, i lavoratori hanno garantito i servizi igienizzando e sanificando giornalmente gli spazi pubblici, curando il verde cittadino, occupandosi dei vari uffici, dei cimiteri e del canile municipale.

“Abbiamo già provato sulla nostra pelle le conseguenze della cassa integrazione dal settembre 2012 al gennaio 2015” – dichiara Antonello Collosi, coordinatore aziendale Reset per la Fisascat – “E’ certo che l’attivazione di un ulteriore ammortizzatore sociale non risolverebbe in modo strutturale le problematiche della nostra azienda”.

“Proprio all’inizio della scorsa settimana- continua la Calabrò – siamo stati ricevuti dalla Terza Commissione Consiliare per discutere su come l’Amministrazione Comunale intenda procedere nella Fase 2 e su come implementare ancor più l’azione quotidiana svolta dall’Azienda all’interno del Comune di Palermo. Appare, dunque, paradossale il ricorso a una cassa integrazione per una società che, proprio in questo periodo, dovrebbe intensificare ancor più il servizio reso alla collettività. Basti pensare a quanti luoghi hanno già riaperto o si apprestano a riaprire nelle prossime settimane. E’ certo che, qualora le voci dovessero rivelarsi fondate, ribadiremo quanto già proposto in sede di incontro in Commissione Consiliare – conclude la sindacalista – E’ giunto il momento di guardare in faccia la realtà. Il mancato rispetto degli accordi siglati, non soltanto non ha portato al tanto agognato aumento delle ore lavorative ma, piuttosto, in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo, si ripercuote sui lavoratori che rischierebbero l’ennesimma cassa integrazione”.