Accogliendo il ricorso delle sezioni riunite della Corte dei Conti, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma con la quale la Regione siciliana aveva destinato 29 milioni di euro all’Arpa prelevando le risorse dal fondo sanitario regionale. La sentenza, emessa lo scorso 23 novembre, è stata depositata oggi.

Cosa scrivono i giudici contabili

La questione era stata sollevata dalla Corte dei Conti nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione per l’esercizio finanziario del 2020. Secondo i giudici contabili “la disposizione censurata consentirebbe di espandere illegittimamente, in violazione dei principi costituzionali in materia, l’area del cosiddetto ‘perimetro sanitario’, tracciato dalla disciplina contabile statale, così incidendo sulle modalità e quantità del finanziamento dei Lea (livelli essenziali di assistenza) e, quindi, sul risultato di amministrazione” e inoltre “la disposizione qualificherebbe la spesa per il finanziamento dell’Agenzia alla stregua di una spesa sanitaria, mediante l’inclusione nel perimetro sanitario, ma non ricollegherebbe tale quantificazione a prestazioni effettivamente afferenti ai Lea”.

Mancano i criteri di determinazioni delle prestazioni

“Mancherebbero – per i giudici contabili – in particolare, i criteri di determinazione di tali prestazioni, distinte dalle altre, rientranti nei compiti dell’Agenzia e come tali non finanziabili con le risorse destinate ai Lea”.

“Le funzioni spettanti all’Arpa – secondo la Corte dei Conti – sono solo in minima parte riconducibili a funzioni sanitarie stricto sensu; il sistema di finanziamento, di qualificazione e di controllo delle agenzie ambientali deve considerarsi nettamente distinto da quello degli enti del settore sanitario”.

“La Regione siciliana – scrivevano i giudici – è impegnata nel rientro dal disavanzo sanitario e l’inserimento di un ente estraneo alle prestazioni sanitarie implica l’assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi, in contrasto con gli obiettivi di risanamento che sono propri del piano”.

La sentenza

La Consulta rileva che “il legislatore siciliano, dopo l’adozione dell’ordinanza di rimessione della Corte dei conti, ha radicalmente modificato la disposizione censurata, innovando – con l’art. 4 della legge regionale siciliana n. 2 del 2023 – la pregressa disciplina sul finanziamento dell’Arpa e prevedendo un contributo ordinario di funzionamento di tale Agenzia che si aggiunge a quello gravante sul Fsr.

“Significativamente – si legge nella sentenza della Corte Costituzionale – è ora stabilito che la parte di risorse assegnate all’Agenzia a valere sul Fondo sanitario regionale debba essere destinata al ‘perseguimento degli obiettivi di prevenzione primaria correlati ai determinanti ambientali e climatici associati direttamente e indirettamente alla prevenzione e al controllo dei rischi sanitari correlati all’erogazione dei Lea e al finanziamento dei costi per prestazioni che abbiano tali caratteristiche sulla base degli indirizzi dettati dalla Giunta regionale su base triennale'”. “Dunque – prosegue la Consulta – si evince che il precedente enunciato normativo era sprovvisto della necessaria correlazione tra le risorse assegnate all’Arpa a valere sul Fondo sanitario regionale e i Lea”.

Inoltre “in costanza del piano di rientro, rimane inibita alla Regione, nell’esercizio della competenza concorrente in materia di tutela della salute, la possibilità di introdurre prestazioni comunque afferenti al settore sanitario ulteriori e ampliative rispetto a quelle previste per il raggiungimento dei Lea” e “alla luce della giurisprudenza di questa Corte, l’assunzione a carico del bilancio della Regione siciliana – impegnata nel piano di rientro dal disavanzo – di oneri non destinati all’erogazione dei Lea si pone in contrasto con gli obiettivi di risanamento del piano e viola il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica e, in definitiva, l’art. 117, terzo comma, Cost. Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 90, comma 10, della legge regionale siciliana n. 6 del 2001”.