Al via lunedì, a Palermo,  la IX edizione de  le “Giornate dell’Economia del Mezzogiorno”.

Due gli appuntamenti in programma a Palazzo Steri, di mattina, le università del Meridione si confronteranno partendo dal proprio rapporto con i territori. Nel pomeriggio, appuntamento a Palazzo delle Aquile, con l’apertura ufficiale delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno. Si parlerà di sviluppo socio-economico del Sud del Paese con la lectio magistralis del professore Adriano Giannola, presidente dello Svimez, cui seguiranno gli interventi di altri economisti e il dibattito.  Sullo sfondo i dati del rapporto Svimez.
Il 2015 è stato un anno particolarmente favorevole per diversi aspetti: annata agraria favorevole, crescita del turismo, accelerazione della spesa pubblica per la chiusura del ciclo di programmazione dei Fondi europei 2007 – 2013, occupazione (+94 mila unità). Tutte le regioni meridionali hanno registrato un segno positivo nella crescita del PIL, la migliore performance è della Basilicata (+5,5%), la più contenuta quella di Campania, Puglia e Sardegna (+0,2%). In sintesi nel 2015 il Sud, ha visto crescere il suo PIL dell’1%, più che nel resto del Paese, dove è stato pari allo 0,7%. Ciò è la conseguenza di alcune condizioni peculiari, che non è scontato si ripetano. In questa ripartenza, l’occupazione, la cui dinamica favorevole è stata in parte dovuta alla forte decontribuzione sulle nuove assunzioni col Jobs Act, è stata decisiva per la crescita del prodotto.
La sfida è non lasciare che questa performance conservi i caratteri dell’eccezionalità, e ciò potrà avvenire solo se saranno fatte precise scelte politiche. La crescita del 2015 ha, infatti, ridotto solo parzialmente il depauperamento di risorse e potenziale produttivo provocato dalla crisi e restano i problemi di competitività legati alla dimensione e alla composizione settoriale.
In base ai dati SVIMEZ, la ripresa del Paese è più lenta del previsto. Quest’anno il PIL dovrebbe aumentare dello 0,3% al Sud e dello 0,9% nel resto del Paese. Il principale driver della crescita sarebbe costituito dalla domanda interna, innanzitutto dalla spesa delle famiglie sul territorio (+0,7% nel Sud, +0,6% nel Centro-Nord). Che, nelle regioni centrali e settentrionali, verrebbe affiancata da un’accelerazione nella spesa per gli investimenti totali (+2%), mentre al Sud si fermerebbe al +0,6%. Nel 2017 l’evoluzione congiunturale delle due macro aree sarebbe invece simile: +0,9% nel Sud e +1,1% nel Centro-Nord.
Il nodo vero, ancora una volta, è lo sviluppo economico nazionale, per ottenere il quale il Mezzogiorno può essere un’opportunità. L’incontro, dunque, è un’occasione per riflettere e commentare sui tratti di fondo delle trasformazioni economiche, sociali e demografiche avvenute nell’area dopo sette anni di recessione ininterrotta. E saranno identificati gli elementi che consentano di rendere più solida e durevole la ripartenza dell’economia meridionale e dell’intero Paese, ben oltre la congiuntura.

“Il Governo nazionale – dice Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella – è dunque chiamato a completare quelle condizioni di Stato minimo che consentano a tutta la Nazione di essere attrattiva. Tutto questo deve essere compreso dal Paese che deve anche riuscire ad avere quella visione di lungo periodo che serve. L’alternativa è la prosecuzione del declino che ormai da oltre vent’anni ci vede non più protagonisti ma figure di secondo piano nella scena mondiale. Per far questo è necessario intervenire con un processo di riforme che riportino il Paese nella posizione che per storia, civiltà e cultura si merita”.