“Non un piano rifiuti di vecchia concezione, ma un piano industriale dell’economia circolare. Questa è l’unica strada percorribile se si vuole che la Sicilia esca da un’emergenza rifiuti ormai endemica”. Così Gero La Rocca (nella foto), delegato per l’Ambiente di Sicindustria. “Per l’autosufficienza del sistema rifiuti regionale – continua La Rocca – vanno considerate tutte le opzioni, compresa quella di trasformare gli scarti di produzione degli impianti di riciclo in Css, ossia combustibile solido secondario, anche di alta qualità, che può essere usato in coincenerimento nei cementifici o nelle centrali termoelettriche sostituendo parte del ben più inquinante carbone. Ad oggi, infatti, le uniche destinazioni per i rifiuti non riciclabili sono, in Sicilia, le discariche. Discariche, quelle operative, sempre più prossime alla saturazione e, per questo, sempre meno disponibili a ricevere i flussi ancora ingenti di indifferenziato”.
I dati dell’Ispra
I dati Ispra confermano per la Sicilia uno dei trend di crescita più marcati per la raccolta differenziata: si è passati da un 15,4% del 2016 a un 42,3% del 2020. La strada verso il 65% stabilito dalle regole europee è ancora lunga e, se la direzione è certamente quella giusta, va detto che un rovescio della medaglia esiste e si sta rapidamente trasformando in una nuova emergenza. L’aumento della differenziata è infatti direttamente proporzionale all’aumento dei cosiddetti “sovvalli”, ovvero quei rifiuti che vengono generati dal processo di pulizia e selezione dei rifiuti differenziati come carta, plastica, vetro, umido, ingombranti che, prima di essere concretamente riciclati, devono essere trattati al fine di eliminare le frazioni estranee.
Poca trasformazione
In Sicilia, per limitarci solo alla filiera Conai, operano più di 30 piattaforme che adempiono a questa funzione essenziale. A volte si tratta di piccole aziende, in altri casi di realtà più attrezzate, soprattutto in termini di capacità di stoccaggio. E, se in altre regioni questa categoria di rifiuto viene destinata al recupero energetico o alla trasformazione in combustibile solido secondario, in Sicilia, invece, per la gran parte si aggiunge alla famiglia dei rifiuti che non possono far altro che “bussare” ai cancelli di una discarica. Con i problemi che ne conseguono.
Collasso delle discariche
Di fronte ad uno scenario, assolutamente realistico allo stato attuale di collasso dei canali di smaltimento dei sovvalli e di conseguente saturazione delle piattaforme, i primi ad esserne colpiti sarebbero paradossalmente proprio i Comuni con percentuali più alte di raccolta differenziata. “Tale scenario – aggiunge il delegato per l’Ambiente di Sicindustria – deve essere scongiurato e il prossimo governo regionale ha il dovere di affrontare la questione con determinazione, vista anche l’opportunità di trasformare i sovvalli in combustibile di qualità, facendogli perdere, in alcuni casi, addirittura la qualifica di rifiuto”.
Incentivare i cementifici
Perché dunque non incentivare ad esempio i cementifici operanti in regione a dotarsi dei requisiti necessari ad utilizzare questo prodotto? O ancora perché, nel pieno di un’emergenza energetica, non pensare anziché alla classica termovalorizzazione alla creazione di piccole centrali termoelettriche da alimentare solo con questa tipologia di combustibile? “La strada maestra insomma – conclude La Rocca – è sempre il riuso, la riduzione dei rifiuti e la raccolta differenziata. Ma un recupero energetico sensato, non demandato esclusivamente alla termovalorizzazione in senso stretto, rimane un’opportunità concreta, che da un lato creerebbe soluzioni alternative e sostenibili all’emergenza rifiuti, e dall’altro metterebbe in moto investimenti pubblici e privati con ricadute positive in termini di crescita e di occupazione”.
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