Questa mattina il Sindaco di Palermo Roberto Lagalla ha reso omaggio alle vittime della strage di Ciaculli, a 59 anni dall’attentato che è costato la vita a 4 uomini dell’Arma dei carabinieri, 2 dell’Esercito e uno della Polizia di Stato.

Le vittime dell’attentato

Nell’attentato di mafia avvenuto nella borgata agricola di Ciaculli il 30 giugno del 1963, morirono a causa dell’esplosione di una Alfa Romeo Giulietta imbottita di esplosivi, il tenente dei Carabinieri Mario Malausa, il maresciallo di P.S. Silvio Corrao, il maresciallo dei CC Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il maresciallo dell’Esercito Pasquale Nuccio, il soldato Giorgio Ciacci.

Lagalla: “Una delle pagine più sanguinose e dolorose della prima guerra di mafia”

“La strage di Ciaculli rappresenta una delle pagine più sanguinose e dolorose della prima guerra di mafia, colpendo anche figure che hanno combattuto per lo Stato, mossi da profondo senso del dovere. Per questo, oggi è doveroso ricordare il loro sacrificio e quello di coloro che hanno pagato con la vita il proprio impegno nel contrasto a Cosa nostra”. Lo ha dichiarato il sindaco Roberto Lagalla.

La prima autobomba usata dalla mafia contro le istituzioni

La prima autobomba usata dalla mafia contro le istituzioni esplose fa tra gli agrumeti della Conca d’oro, nella borgata ricordata per i suoi mandarini e feudo della famiglia mafiosa dei Greco. Le cronache di quel giorno di 59 anni fa raccontano che, nel pomeriggio del 30 giugno, nella zona di Ciaculli una Giulietta Alfa Romeo imbottita di tritolo e parcheggiata nei pressi dell’abitazione di un parente del boss mafioso Salvatore Greco esplose provocando la morte di sette tra carabinieri, poliziotti ed artificieri dell’Esercito.

Cosa era accaduto prima della morte degli uomini delle forze dell’ordine

Durante la notte del 30 giugno 1963, l’esplosione di un’automobile imbottita di esplosivo che era stata abbandonata davanti all’autorimessa del boss mafioso Giovanni Di Peri a Villabate, provocò il crollo del primo piano dello stabile ed uccise il custode Pietro Cannizzaro e il fornaio Giuseppe Tesauro. Poche ore dopo quest’ultimo attentato, a seguito di una telefonata alla questura di Palermo avvisante della presenza sospetta di un’autovettura, una pattuglia dell’Arma dei Carabinieri, unitamente a un sottufficiale di Polizia in forza alla Squadra Mobile della Questura di Palermo, si recò a Ciaculli, rinvenendo una Alfa Romeo Giulietta abbandonata con le portiere aperte. Sospettando che si trattasse di un’autobomba venne chiamata una squadra di artificieri. Questi ispezionarono l’auto e tagliarono la miccia di una bombola trovata all’interno e quindi dichiararono il cessato allarme. Tuttavia l’apertura del bagagliaio da parte del tenente Mario Malausa, comandante della tenenza di Roccella, causò l’esplosione della grande quantità di tritolo contenuta nell’autovettura.

Le indagini e le accuse dei mafiosi

Le indagini dell’epoca ipotizzarono un mancato attentato preparato dai mafiosi Pietro Torretta, Michele Cavataio, Tommaso Buscetta e Gerlando Alberti contro il rivale boss di Ciaculli Salvatore Greco e il suo associato Giovanni Di Peri, basandosi soprattutto su fonti confidenziali e ricostruzioni indiziarie.
Torretta e Buscetta (nel frattempo resosi latitante) vennero rinviati a giudizio per le autobombe di Villabate e Ciaculli ma nel processo di Catanzaro contro i protagonisti della prima guerra di mafia vennero assolti per insufficienza di prove, anche se nello stesso processo Torretta venne condannato a 27 anni di carcere per omicidio mentre Buscetta (giudicato in contumacia) a dieci anni per associazione a delinquere.
Nel 1984 Tommaso Buscetta, divenuto un collaboratore di giustizia, si discolperà e dichiarerà che Michele Cavataio era l’unico responsabile delle autobombe di Villabate e Ciaculli.

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