Si fa sempre più tetro il clima attorno alle stragi del 1992 in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Attorno alle infinite inchieste sui depistaggi ci sarebbero almeno due fatti nuovi. Anzitutto delle nuove perquisizioni nelle abitazioni dei familiari del superpoliziotto Arnaldo La Barbera, morto nel 2002, su cui vi è il sospetto che fosse alla regia di quei depistaggi. E poi il pronunciamento del tribunale del riesame che conferma la richiesta della Procura di Caltanissetta di arrestare Walter Giustini, il carabiniere che secondo alcuni magistrati avrebbe avuto un ruolo chiave in questi depistaggi.

La perquisizione

Il decreto di perquisizione avrebbe riguardato le abitazioni fra Roma e Verona, secondo quanto rivela il quotidiano “La Repubblica”, della moglie e della figlia di La Barbera. I carabinieri del Ros sono alla ricerca di documenti e qualcosa sarebbe stata portata via da queste due abitazioni. Sul “superpoliziotto” ci sarebbero forti sospetti che potrebbe avere lui quella famosa agenda rossa che fu di Borsellino e che qualcuno vide portare via dal luogo della strage di via D’Amelio. Lui ne sarebbe stato a conoscenza, ma lo avrebbe scritto diversi mesi dopo il ritrovamento nelle sue relazioni d’indagine. La Barbera oggi è ritenuto uno dei presunti registi della creazione del falso pentito Vincenzo Scarantino con l’obiettivo proprio di depistare le indagini sulle stragi.

“Giustini va arrestato”

Parallelamente c’è poi la svolta su Walter Giustini. L’ex brigadiere è finito ai domiciliari dopo il pronunciamento del tribunale del riesame. Il suo legale ha già fatto ricorso e se ne parlerà nell’udienza del prossimo 20 dicembre. Sarebbe ritenuto “inaffidabile” l’ex brigadiere le cui “rivelazioni” avrebbero aperto una presunta pista fascista all’interno della magistratura su fantomatici piani per colpire giudici non graditi. Il militare oggi in pensione era stato iscritto dalla Procura di Caltanissetta nel registro degli indagati per “frode in processo penale e depistaggio” e “calunnia” nei confronti del pubblico ministero Vittorio Teresi. Si va rafforzando l’idea che in realtà anche lui con le sue rivelazioni avessero voluto depistare le indagini sulle stragi del ‘92.

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