Circa un migliaio di persone ha partecipato all’inaugurazione della mostra “O’Tama. Migrazione di stili”. Quando il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e il presidente della Fondazione Patrizia Monterosso hanno tagliato il nastro, una lunga fila si snodava nel loggiato di palazzo dei Normanni, in attesa di accedere al corridoio che conduce a Sala d’Ercole e mai era stato utilizzato con fini espositivi.

Molti, tanti giovani e studenti con penna e matita a riprodurre gli acquerelli dell’artista giapponese trapiantata a Palermo per amore dello scultore palermitano Vincenzo Ragusa. Altrettanto numerosi i docenti, pronti a coinvolgere i loro alunni in una visita didattica alla mostra della pittrice venuta dall’Oriente, che visse a Palermo da 1833 fino al 1933. La città ha risposto con entusiasmo ad un appuntamento molto diverso dalle mostre “ortodosse” cui è abituato Palazzo dei Normanni. Visibilmente soddisfatta il direttore Monterosso: “Saniamo un debito con la storia.

Restituiamo alla città una testimonianza di amore importante nei suoi confronti, ignorata dalla storia. Non è vero che Palermo è apatica; la gente ha bisogno di significati. Un plauso ai palermitani, desiderosi di cultura”.

“Quando ho saputo – ha detto Miccichè – che questa donna aveva disposto, una volta morta, che metà delle ceneri fosse spedita alla famiglia in Giappone e l’altra metà rimanesse qui, ho capito l’amore che ha provato per Palermo e ho subito ritenuto giusto che il Palazzo ne ospitasse una mostra”.

La mostra, organizzata dalla Fondazione Federico II col patrocinio dell’ambasciata del Giappone in Italia, era stata presentata in anteprima alla stampa, in mattina.

Presenti la storica dell’arte ed esperta di giapponismo Maria Antonietta Spadaro, il direttore del Centro regionale per il restauro Stefano Biondo, la dirigente del liceo artistico “O’Tama Kiyohara”, Giuseppa Attinasi, Antonio Giannusa docente dello stesso istituto che ha collaborato all’allestimento della mostra.

L’esposizione, che annovera 101 opere, raccoglie i frammenti di quel lungimirante progetto, pensato da O’Tama insieme al marito, lo scultore palermitano Vincenzo Ragusa, infrantosi contro i pregiudizi del tempo sull’arte nipponica, quando, da lì a poco, l’arte giapponese si sarebbe affermata come moda in Europa, a partire da Parigi.

La mostra sarà visitabile fino al 6 aprile del 2020.

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