Un mercenario siciliano nel Donbass, teatro delle prime avvisaglie di guerra in Ucraina. Si tratta di Pino Russo, il “mercenario” messinese di 29 anni con la passione del kalashnikov, e che da anni vive nella regione ucraina. La latitanza in Sicilia è iniziata nell’aprile del 2021, quando il Tribunale di Messina ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere confermata dal Tribunale del Riesame nel luglio 2021.

Pino Russo latitante in Sicilia

Russo, mai tornato in Italia, come confermano fonti investigative all’Adnkronos, risulta ricercato con l’accusa di avere violato la convenzione internazionale contro il reclutamento, l’utilizzazione, il finanziamento e l’istruzione di mercenari, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 4 dicembre 1989. Il 29enne è rimasto a combattere al fianco delle milizie filorusse nel conflitto armato nel territorio ucraino del Donbass, in Ucraina orientale “dietro retribuzione e senza essere cittadino di quello Stato né lì stabilmente residente”, come scrive il Tribunale di Messina. Sul mercenario le indagini non si sono mai fermate. Anche i Servizi segreti, oltre a diverse Procure, sono alla ricerca del giovane messinese in Donbass e di altri mercenari italiani che si trovano in quel territorio.

L’intercettazione, “È stato bello sparare ieri, come i pazzi”

L’attenzione “è massima”, dicono fonti d’intelligence all’Adnkronos. Un appassionato delle armi, Russo, tanto da dire in una chat, senza sapere di essere intercettato: “È stato bello sparare ieri, come i pazzi… vvrumm vvrumm…”. L’uomo, come avrebbe detto in una conversazione, è inquadrato “nella fanteria speciale russa”. Il fatto risulta “aggravato dalla trans-nazionalità, in quanto posto in essere da un gruppo criminale organizzato, impegnato in attività criminali in più di uno Stato, con contestazione in Italia e Ucraina, da epoca prossima al giugno 2016 e accertate sino al maggio del 2020”.

Le indagini dei Carabinieri del Ros

L’attività d’indagine condotta dai Carabinieri del Ros di Messina “prendeva le mosse dall’inaugurazione nella città dello Stretto, nel giugno del 2018, del “Centro di Rappresentanza dell’autoproclamatasi Repubblica popolare di Lugansk in Italia”, presieduto dal coindagato Daniele Macris”, scrive ancora il Tribunale del Riesame. Le indagini, coordinate dal Procuratore di Messina, Maurizio de Lucia, si erano avvalse anche dell’analisi dei flussi finanziari internazionali e dei dati forniti da Facebook sulla base di una commissione rogatoria con gli Stati Uniti avviata dalla Procura peloritana.

Il messinese combatte come mercenario per la Russia

Russo operava come combattente mercenario nella regione del Donbass, dove si era stabilito dal 2016, condividendo sui social network le proprie attività militari con congiunti e amici, alcuni dei quali gli chiedevano consigli e indicazioni per intraprendere la medesima attività. Questo è stato documentato delle indagini nel corso delle quali gli inquirenti trovarono anche conferma dell’esistenza e dell’operatività di una struttura organizzata attiva nell’area Italia-Ucraina e dedita al reclutamento e al finanziamento di mercenari destinati a integrare le fila delle milizie separatiste filorusse nel Donbass.

Una schiera di mercenari italiani

Il circuito coinvolge soggetti provenienti da diverse regioni d’Italia che hanno intrapreso l’attività di ”combattenti”, schierati a fianco delle milizie filorusse e contro l’esercito regolare ucraino nei territori contesi delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk e, in tale contesto, particolarmente allarmanti sono risultati i rapporti dell’indagato messinese con altri mercenari e, in particolare, con Andrea Palmeri, livornese, detto “il generalissimo”, già destinatario di un mandato di arresto europeo in quanto ritenuto responsabile di arruolamento e reclutamento di mercenari a scopo terroristico ed eversivo e associazione per delinquere.