“Sono estraneo ai fatti contestati” ha detto al gip del tribunale di Siracusa, Antonio Antonuccio, commercialista, uno degli indagati finito  nell’inchiesta Gold Trash della Guardia di finanza   che ha portato all’arresto di 5 persone, riconducibili all’ Igm Rifiuti industriali di Siracusa specializzata nel servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, accusate a vario titolo di bancarotta fraudolenta.

Il professionista, difeso dagli avvocati Bruno ed Antonino Leone, si, comunque, avvalso della facoltà di non rispondere, fornendo solo quella dichiarazione spontanea. Ha risposto al gip Alberto Giardina, rappresentato dall’avvocato Francesco Favi,  mentre ha fatto scena muta Pietro Luigi Galimberti, difeso dall’avvocato Silvetre Costanzo. Venerdì scorso, al palazzo di giustizia si erano presentati altri tre indagati;  Giuseppe Cassone, Aldo Spataro, Iole Rivelli: i primi due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, la donna, invece, avrebbe fatto delle dichiarazioni.

L’indagine ha interessato altre società del gruppo imprenditoriale siracusano e dalle informazioni delle Fiamme gialle le frodi avrebbero anche portato al fallimento di 3 società, la Gestioni patrimoniali srl, la So.Si.Se. srl e la Cg Ambiente srl.

Le indagini sono partite principalmente dall’esame della contabilità di diverse imprese che, secondo la Finanza, versavano in una situazione di sostanziale dissesto. Si è scoperto un sistema di scatole vuote  “che, in modo programmato, ha “assorbito”, non onorandolo, il carico fiscale e contributivo dell’attività nel suo complesso; tutto questo grazie alla compiacenza di persone con precisi ruoli e di uno staff tecnico, formato da commercialisti,
nonché da “prestanomi”, tra cui un avvocato, regolarmente stipendiati dal gruppo” spiegano gli inquirenti.

In sintesi, le frodi”, per l’accusa, si consumavano sulla scorta di un modus operandi: “le società che svolgevano – hanno detto gli inquirenti – l’attività di gestione dei rifiuti mantenevano, nel corso del tempo, una stessa denominazione comune, al fine di far apparire che il servizio venisse svolto da un’unica impresa. In realtà, quando l’esposizione debitoria di una delle entità diventava insostenibile, l’azienda produttiva era trasferita (mediante contratti di affitto, cessione di azienda o scissione) ad altra società del gruppo, sino a quel momento rimasta inattiva, che proseguiva nelle attività. Le società “svuotate”, oberate di debiti e private degli asset produttivi, erano quindi avviate, con la compiacenza di meri prestanomi, alla inesorabile liquidazione e/o cancellazione, con insolvenza dei debiti erariali”.

Il gruppo imprenditoriale avrebbe gestito l’azienda di famiglia senza onorare i debiti con lo Stato, ammontanti a circa 130 milioni di euro, e dalle informazioni della Procura, avrebbe lucrato grandi profitti dagli appalti con le pubbliche amministrazioni per sottrarre, nel contempo, risorse indispensabili all’integrità contabile e patrimoniale delle varie società. Oltre alle intercettazioni telefoniche e ambientali, nel corso dell’inchiesta, sono state acquisiti informazioni, eseguite perquisizioni domiciliari e informatiche. ”

Questi i provvedimenti nei confronti degli indagati

Sono ai domiciliari Giulio Dessena Quercioli, Alberto Giardina, Antonio Antonuccio, Cesare Quercioli Dessena, e Pietro Luigi Galimberti, obbligo di dimora per Diego  Quercioli Dessena ed Antonio Quercioli Dessena, tra gli indagati ci sono Alessandro  Quercioli Dessena, Caterina  Quercioli Dessena,  Giuseppe Cassone, Aldo Spataro, Iole Rivelli, Giuseppa Oddo e Giovanni Confalone. Gli inquirenti hanno anche sequestrato l’Igm, che ha un valore di 45 milioni di euro, ed 11 milioni di euro.