La Guardia di Finanza di Siracusa, su disposizione della Procura, sta eseguendo un’ordinanza emessa dal Gip del tribunale di Siracusa che prevede l’arresto di 5 persone, 2 obblighi di dimora, il sequestro di 11 milioni di euro e di una società operante, la Igm Rifiuti industriali, specializzata nel settore del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti per numerosi Comuni, gravitanti nel gruppo della famiglia siracusana Quercioli, dal valore stimato in oltre 45 milioni di euro. Sono ai domiciliari Giulio Dessena Quercioli, Alberto Giardina, Antonio Antonuccio, Cesare Quercioli Dessena, e Pietro Luigi Galimberti, obbligo di dimora per Diego Quercioli Dessena ed Antonio Quercioli Dessena, tra gli indagati ci sono Alessandro Quercioli Dessena, Caterina Quercioli Dessena, Giuseppe Cassone, Aldo Spataro, Iole Rivelli, Giuseppa Oddo e Giovanni Confalone.
Il provvedimento chiude una complessa indagine su un presunto caso di bancarotta fraudolenta commessa da alcune società riconducibili al gruppo imprenditoriale siracusano. Le frodi hanno anche portato al fallimento di 3 società, la Gestioni patrimoniali srl, la So.Si.Se. srl e la Cg Ambiente srl.
Le indagini sono partite principalmente dall’esame della contabilità di diverse imprese che, secondo la Finanza, versavano in una situazione di sostanziale dissesto. Si è scoperto un sistema di scatole vuote “che, in modo programmato, ha “assorbito”, non onorandolo, il carico fiscale e contributivo dell’attività nel suo complesso; tutto questo grazie alla compiacenza di persone con precisi ruoli e di uno staff tecnico, formato da commercialisti,
nonché da “prestanomi”, tra cui un avvocato, regolarmente stipendiati dal gruppo” spiegano gli inquirenti.
In sintesi, le frodi” si consumavano nel seguente modo: “le società che svolgevano – fanno sapere gli inquirenti – l’attività di gestione dei rifiuti mantenevano, nel corso del tempo, una stessa denominazione comune, al fine di far apparire che il servizio venisse svolto da un’unica impresa. In realtà, quando l’esposizione debitoria di una delle entità diventava insostenibile, l’azienda produttiva era trasferita (mediante contratti di affitto, cessione di azienda o scissione) ad altra società del gruppo, sino a quel momento rimasta inattiva, che proseguiva nelle attività. Le società “svuotate”, oberate di debiti e private degli asset produttivi, erano quindi avviate, con la compiacenza di meri prestanomi, alla inesorabile liquidazione e/o cancellazione, con insolvenza dei debiti erariali”. Il gruppo imprenditoriale avrebbe gestito l’azienda di famiglia senza onorare i debiti con lo Stato, ammontanti a circa 130 milioni di euro, e dalle informazioni della Procura, avrebbe lucrato grandi profitti dagli appalti con le pubbliche amministrazioni per sottrarre, nel contempo, risorse indispensabili all’integrità contabile e patrimoniale delle varie società. Oltre alle intercettazioni telefoniche e ambientali, nel corso dell’inchiesta, sono state acquisiti informazioni, eseguite perquisizioni domiciliari e informatiche. “La mole degli elementi raccolti e acquisiti agli atti ha reso evidente che i componenti della famiglia gestivano direttamente personale, appalti e rapporti con le banche dell’intera rete societaria, della quale conoscevano dettagliatamente la situazione finanziaria ed economico-patrimoniale” sostengono i finanzieri di Siracusa.
L’indagine avrebbe anche svelato il drenaggio di risorse sarebbe avvenuto sfruttando il paravento giuridico offerto dall’intestazione fittizia delle imprese decotte a soggetti che non avevano alcun potere decisionale o strategico, i quali si limitavano ad eseguire ordini firmando “carte a richiesta”. Determinante, sotto questo particolare aspetto, la consulenza dei professionisti che avrebbero alterato la contabilità al fine di svuotare le imprese decotte in frode ai propri creditori.
“Nel corso delle indagini veniva anche individuata – dicono i finanzieri – una società priva di dipendenti, finanziata con il denaro delle imprese del gruppo confluito nella realizzazione di una pregevole villa a uso esclusivo dell’esponente di spicco della famiglia, nonché “regista” dell’associazione. Grazie al meccanismo di compensazione dei crediti Iva della società, per l’immobile non sono stati mai versati i tributi, quali l’Imu e, tra i costi di esercizio, risultavano anche annotati acquisti di champagne e altri beni di consumo personale”.
Commenta con Facebook