E’ ancora scontro ad Avola sulla vicenda della concessioni perpetue nel cimitero la cui scadenza, con un regolamento comunale, è stata accorciata.

La vicenda

Nel decreto del Presidente della Repubblica del 1990 è indicato che le concessioni perpetue rilasciate prima dell’entrata in vigore del Dpr del 1975 “conservano il carattere della perpetuità” ma l’amministrazione ha ridotto la scadenza, facendola risalire alla data del compimento dei 99 anni dalla data del loro rilascio.

La denuncia dell’associazione La città che vorrei

Il caso, sollevato nelle settimane scorse dall’ex sottosegretario ai Beni culturali, Nicola Bono, è stato rilanciato dall’associazione La città che vorrei, per cui l’iniziativa dell’amministrazione comunale è dettata dall’esigenza di fare cassa.

“E’ noto che da parte del Comune si è negato – si legge nel documento dell’associazione – a cittadini il diritto alla sepoltura di loro cari nelle cappelle private realizzate oltre 99 anni fa con la motivazione che occorreva prima procedere al rinnovo della concessione scaduta. Non sono pochi coloro che, pur di seppellire i loro defunti e sotto la pressione affettiva, hanno aderito a questa richiesta pagando cifre esose; in alcuni casi si parla di decine di migliaia di euro”.

Il caso al Tar di Catania

Lo stesso ex Sottosegretario ai Beni culturali ha promosso un ricorso al Tar in quanto ritiene che il Comune non posso regolamentare una materia disciplinata da un provvedimento della Presidenza della Repubblica. Nella tesi di Bono,, “nel rigoroso rispetto della gerarchia delle fonti giuridiche”,  “nessun Comune può modificare con regolamento le leggi dello Stato”.

“Chiedere restituzione delle somme”

Sulla stessa lunghezza d’onda è il pensiero dell’associazione La città che vorrei, che si rivolge a chi ha già pagato.  “Invitiamo chi ha rinnovato la concessione a chiedere la restituzione di quanto indebitamente versato nelle casse comunali e farebbe bene l’Amministrazione, nelle more della decisione dei giudici amministrativi, ad astenersi dal dare esecuzione alla delibera oggetto di impugnazione” spiegano dall’associazione La città che vorrei.