“C’è un silenzio assordante sulla catastrofe occupazionale che potrebbe travolgere parte del Petrolchimico di Priolo, con l’embargo e la conseguente paralisi della Isab”.

Allarme di Musumeci

Lo scrive sulla sua pagina social il presidente della Regione, Nello Musumeci, commentando la notizia dell’embargo deciso dall’UE sulle importazioni di petrolio dalla Russia, principale fonte di approvvigionamento delle raffinerie Isab Lukoil del Petrolchimico di Siracusa.

“Il mio governo ha compiuto atti, chiesto  -scrive Musumeci -la deliberazione dell’area di crisi complessa, proposto investimenti, invocato chiarezza. Lo ha riconosciuto anche Lucrezia Reichlin in un intervento sul Corriere, evidenziando come proprio in Sicilia potrebbe essere scritta una pagina importante sul tema della transizione e della sovranità energetica”.

Attacco a Draghi

“Ma dal governo Draghi nessuna risposta. È tempo che Roma ci metta la faccia e affronti il problema: chiederò ancora una volta un vertice urgente e mi aspetto una immediata convocazione. Faccio appello al ministro Giorgetti che conosco come persona seria e fattiva” conclude Musumeci.

L’accordo Ue su embargo

In una nota congiunta, “il Consiglio europeo concorda sul fatto che il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia riguarderà il greggio, così come i prodotti petroliferi, consegnati dalla Russia negli Stati membri, con un’eccezione temporanea per il greggio consegnato tramite oleodotto. Il Consiglio europeo esorta pertanto il Consiglio a finalizzarlo e adottarlo senza indugio, garantendo un mercato unico dell’UE ben funzionante, una concorrenza leale, la solidarietà tra gli Stati membri e condizioni di parità anche per quanto riguarda l’eliminazione graduale della nostra dipendenza dalla Russia combustibili fossili”.

“Chiusura Isab entro sei mesi”

“La raffineria Isab di Priolo (di cui è proprietaria la Lukoil), che lavora praticamente -afferma la deputata nazionale di Forza Italia, Prestigiacomo – solo idrocarburi russi che giungono via mare, in queste condizioni fra sei mesi, se non prima, sarà condannata a chiudere, facendo perdere al paese una quota significativa di derivati dal petrolio e innescando una crisi ‘di sistema’ dalle gravissime conseguenze occupazionali (e quindi sociali) ed economiche”.