• Perquisizione della polizia in un allevamento di cavalli situato a Noto
  • Si sospetta che gli animali siano utilizzati per le corse clandestini
  • I proprietari, secondo gli inquirenti, appartengono al clan mafioso Trigila
  • Sono state riscontrate violazioni che sono state punite con sanzioni pari a 9 mila euro

Gli agenti di polizia hanno emesso sanzioni per un importo di 9 mila euro nei confronti dei proprietari di un allevamento di cavalli, a Noto, riconducibili, secondo gli inquirenti, al clan mafioso Trigila di Noto. Un’indagine scattata per frenare il fenomeno delle corse clandestine che, nella tesi delle forze dell’ordine, sono sotto il controllo della criminalità organizzata, capace di accumulare ingenti somme derivanti dal giro di scommesse.

Il sopralluogo

Gli agenti si sono presentati in un fondo agricolo, in contrada Coffitella, e nella stalla si è accertata  la presenza di 3 equini (un cavallo dal mantello baio – di sesso femminile, chiamata “Gatta nera”, un cavallo baio – maschio ed un cavallo sauro maschio chiamato “King Nelson”) che sono stati sottoposti “a prelievi ematici alla ricerca di probabili sostanze dopanti”.

Allevamento in odor di mafia

Secondo quanto sostenuto dalla polizia, “i  proprietari, tutti riconducibili, alla consorteria mafiosa dei Pinnintula (Trigila), non risultavano censiti, ovvero dotati di codice aziendale per la regolare detenzione dei cavalli”. Nel corso della perquisizione, sono stati  rinvenuti, all’interno di un armadietto, 9 flaconi di farmaci,  che saranno sottoposti agli accertamenti in laboratorio.

Le violazioni

La polizia ha provveduto alla contestazione delle violazioni riscontrate per la mancanza del codice di registrazione aziendale per il possesso, la detenzione e l’allevamento degli equini, per un ammontare complessivo di oltre 9.000 euro. “I controlli della Polizia di Stato verranno ulteriormente intensificati al fine di tutelare i cavalli intesi quali animali senzienti, capaci di provare sofferenze, prevenendo così fenomeni di maltrattamento e lucroso sfruttamento degli stessi” spiegano dalla Questura di Siracusa.