Sul banco dei testimoni, nel processo per omicidio che vede alla sbarra due fratelli di Avola, Salvatore e Corrado Caruso, 25 e 22 anni, è salita la ex compagna di Andrea Pace, 25 anni, disoccupato, ucciso il 12 giugno del 2019 a colpi di pistola in via Neghelli, ad Avola, davanti alla porta di casa.
La donna ha raccontato ai giudici della Corte di Assise di Siracusa che nelle ore precedenti al delitto si trovava in quel pub dove vi è stato uno screzio tra Pace e Salvatore Caruso, quest’ultimo difeso come il fratello dall’avvocato Luca Ruaro.
Una lite che, secondo la ricostruzione dei carabinieri della stazione di Avola e della Compagnia di Noto sarebbe stata la causa scatenante della spedizione punitiva ai danni del venticinquenne. A quanto pare, Pace avrebbe chiesto a Caruso di fare da intermediario per risolvere i suoi problemi con la ex compagna, con cui avrebbe avuto delle difficoltà nella gestione della loro figlia. Gli animi si sarebbero surriscaldati ma oltre alla donna, ci sono altri testimoni di quella lite, come emerso nella precedente udienza nell’aula della Corte di Assise di Siracusa.
Dalla pistola usata per uccidere il giovane sarebbero partiti 10 colpi: dalla relazione del medico legale, che ha compiuto l’autopsia nelle ore successive all’omicidio, 4 proiettili avrebbero centrato il giovane in prossimità della schiena, uno, invece, avrebbe colpito la fronte della vittima. Non è chiaro se quello fu il colpo di grazia oppure sparando all’impazzata il killer prese pure il viso. Il venticinquenne aveva quasi infilato la chiave nella toppa della porta di casa, ormai certo di andare a letto, ma potrebbe essersi girato, magari per scappare ed a quel punto sarebbe stato raggiunto in prossimità della fronte. La pistola, una calibro 22, fu trovata in un dirupo, nella zona di Avola antica.
A scovare l’arma fu il gruppo Saf dei vigili del fuoco del comando provinciale che, su indicazione dei carabinieri della Compagnia di Noto e della stazione di Avola, si calò lungo una scarpata individuando la pistola, nascosta tra le erbacce. Gli inquirenti, naturalmente, non andarono a caso in quell’area, piuttosto impervia, ma avrebbero avuto le informazioni grazie ad alcune conversazioni telefoniche intercettate.
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