Rigeneravano pannelli fotovoltaici, ritirati come rifiuti speciali, dismessi da numerosi parchi solari sul territorio nazionale per poi munirli di documenti falsi e rivenderli prevalentemente all’estero, prediligendo Paesi come Senegal, Burkina Faso, Nigeria, Marocco, Mauritania, Turchia e Siria: a smantellare quella che gli investigatori ritengono una associazione per delinquere, un’operazione dei carabinieri del Noe di Perugia coadiuvati dagli altri reparti di tutto il territorio nazionale.

Impegnati inoltre i militari dei comandi provinciali di Bari, Bologna, Monza, Padova, Parma, Perugia, Reggio Emilia, Roma, Siracusa, Treviso, Verona e il gruppo forestale di Perugia. Sette le persone arrestate, cinque in carcere e due ai domiciliari, per lo piu’ imprenditori, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare del gip del capoluogo umbro su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. Nei confronti di altre 17 persone sono state messe misure interdittive, mentre sono 71 quelle denunciate e 12 le aziende del settore recupero rifiuti sottoposte a sequestro, per un valore tra beni mobili e immobili di circa 40 milioni di euro. Associazione per delinquere finalizzata alle attivita’ organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione illecita di rifiuti, traffico transfrontaliero illecito di rifiuti, auto-riciclaggio, contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, i reati contestati a vario titolo. A dare origine alle indagini il sequestro da parte del Noe di Perugia, alla fine del 2016, di oltre 300 tonnellate di pannelli fotovoltaici dismessi in un’azienda di Gualdo Tadino, risultata priva di autorizzazione ambientale.

Dagli accertamenti – illustrati dal comandante del Corpo, generale Maurizio Ferla – e’ emerso che gli stessi, ufficialmente rifiuti speciali distrutti, erano in realta’ destinati ad essere nuovamente commercializzati con dati identificativi falsi. La presunta organizzazione criminale e’ risulta operativa dal nord al sud del territorio nazionale, avendo pero’ come organizzatori e promotori principali – secondo gli investigatori – cinque imprenditori con aziende a Gualdo Tadino, Traversetolo, Casale sul Sile, Crespano del Grappa e Siracusa.

In particolare dall’indagine e’ emerso che gli indagati ritiravano i pannelli fotovoltaici dismessi (ma ancora funzionanti), dichiarandoli come rifiuti per il solo tempo necessario a coprire il tragitto tra il luogo in cui venivano smontati e prelevati e l’impianto di trattamento. Una volta giunti a destinazione le aziende, come ricostruito dai carabinieri, producevano delle dichiarazioni false che attestavano la loro distruzione, consegnando la documentazione ai produttori originari del rifiuto che, ignari di cio’ che accadeva, riscuotevano il relativo incentivo. Nel frattempo la presunta organizzazione realizzava invece certificazioni attestanti che i pannelli erano apparecchiature tecnologicamente sorpassate ma regolarmente funzionanti, riuscendo in questo modo – sempre in base all’indagine – ad aggirare il rigido sistema di controllo. Un meccanismo che assicurava ai presunti appartenenti all’organizzazione

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