E’ stato condannato a 5 anni e 6 mesi di reclusione per violenza sessuale Vincenzo Micale, 68 anni, ex consigliere comunale di Noto. Il Tribunale di Siracusa, presieduto da Carla Frau, ha dato credito alla ricostruzione del pm, Marco Dragonetti, e della parte civile della vittima, Barbara Mazur,  una badante originaria della Polonia, rappresentata dagli avvocati Salvo e Stefano Andolina.

Sono due  gli episodi contestati al presunto stupratore, il primo avvenuto l’11 febbraio del 2013, l’ultimo il 18 febbraio dello stesso anno: entrambe le violenze,  si sarebbero consumate, sulla scorta della testimonianza della donna, in una proprietà dell’uomo, situata al Lido di Noto. Per la Procura, l’episodio è aggravato dalla circostanza che l’uomo avrebbe approfittato “della fiducia e della familiarità acquisita presso la vittima in ragione del rapporto  di collaborazione domestica svolta presso l’abitazione dello stesso”.

Secondo gli inquirenti, il sessantottenne avrebbe bloccato “la collaboratrice domestica per le spalle, spingendola energicamente sul letto e sfilandola a forza la cinta dei pantaloni” costringendo così la polacca “a subire atti sessuali specificatamente nella consumazione di un rapporto completo” ha evidenziato il magistrato, titolare del fascicolo di inchiesta, nell’avviso di conclusione delle indagini inoltrato al giudice per le indagini preliminari prima del rinvio a giudizio.

L’imputato, difeso dall’avvocato Paolo Signorello, nel corso del dibattimento ha spiegato che, in due occasioni, la donna si era recata in una casa nella sua disponibilità per fare le pulizie ma ha negato di averla violentata.  Il legale, al termine della sua arringa, aveva chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto.

A supporto della ricostruzione della Procura di Siracusa, c’è la testimonianza di un’amica della vittima. “Al telefono, mentre parlavamo, ha pianto e mi ha detto che era stata violentata ha svelato la donna nel corso della sua deposizione, rispondendo, alle domande della Corte, confermando di conoscere l’imputato con cui avrebbe avuto un rapporto di lavoro. Per motivi di salute, non avrebbe potuto continuare a fare le pulizie nello studio e nella casa dell’ex consigliere comunale, per cui gli avrebbe segnalato la sua amica, che, poi, nella ricostruzione dell’accusa e della parte civile sarebbe stata abusata dal sessantottenne.

Secondo i legali della vittima, gli avvocati Salvo e Stefano Andolina, ” le risultanze dell’istruttoria dibattimentale abbiano provato, in modo inoppugnabile, la penale responsabilità dell’imputato per i reati a lui ascritti nel capo d’imputazione con le relative aggravanti”.