MILANO (ITALPRESS) – Sono 20mila gli occupati in meno nel 2020 a Milano, pari al -1,3% rispetto all’anno precedente. E’ l’effetto del Covid-19, che ha colpito l’economia della città più di altri territori, anche a causa di una presenza maggiore dei servizi alla persona e delle attività legate all’accoglienza e al turismo. Sebbene a Milano, a differenza di quanto si rileva per l’Italia e la Lombardia, il calo sia stato più contenuto rispetto al picco registrato in occasione della crisi del 2009, quando gli occupati sono scesi di 33mila unità. E’ quanto emerge dall’analisi del Centro Studi di Assolombarda.
La grande differenza nell’impatto di questa crisi sul mercato del lavoro è che la diminuzione dell’occupazione si accompagna con una riduzione della disoccupazione: sono oltre 4mila in meno i disoccupati nel capoluogo lombardo, con una conseguente discesa del tasso di disoccupazione al 5,7% (dal 5,9% nel 2019). Diminuzione degli occupati e al contempo dei disoccupati sono solo apparentemente in contraddizione: questo avviene quando aumentano gli inattivi, quasi 50mila in più nel 2020 che scoraggiati rinunciano a cercare una nuova occupazione. Nel 2009, invece, la perdita di occupazione si era quasi totalmente tradotta in disoccupazione.
Più in linea con le tendenze nazionali, l’impatto della perdita di occupazione a Milano avviene quasi esclusivamente sui lavoratori dipendenti (-19 mila). Ed è verosimile, tenuto conto del blocco dei licenziamenti e delle evidenze su base regionale e nazionale che anche a Milano i più colpiti siano stati i rapporti di lavoro a termine, a causa del fermo prolungato delle attività causato dalla pandemia.
Stringendo lo sguardo sui settori, la maggiore perdita occupazionale si concentra nei comparti che hanno riscontrato le maggiori flessioni in termini di fatturato e attività: quasi -18mila occupati nel commercio, alberghi e ristoranti e -9mila circa nei servizi.
Al contrario, aumentano i lavoratori nell’industria (+4mila) e nel settore residuale che include logistica, costruzioni e agricoltura (+3mila).
Particolarmente colpiti dalla crisi Covid sono i giovani: nella media del 2020 il tasso di occupazione tra i 15 e i 24 anni scende al 18,9% (dal 21,4% nel 2019) e in parallelo il tasso di disoccupazione giovanile sale al 22,0% (dal 18,1%), invertendo bruscamente la progressiva diminuzione dal picco del 34,1% toccato nel 2014.
(ITALPRESS).
La grande differenza nell’impatto di questa crisi sul mercato del lavoro è che la diminuzione dell’occupazione si accompagna con una riduzione della disoccupazione: sono oltre 4mila in meno i disoccupati nel capoluogo lombardo, con una conseguente discesa del tasso di disoccupazione al 5,7% (dal 5,9% nel 2019). Diminuzione degli occupati e al contempo dei disoccupati sono solo apparentemente in contraddizione: questo avviene quando aumentano gli inattivi, quasi 50mila in più nel 2020 che scoraggiati rinunciano a cercare una nuova occupazione. Nel 2009, invece, la perdita di occupazione si era quasi totalmente tradotta in disoccupazione.
Più in linea con le tendenze nazionali, l’impatto della perdita di occupazione a Milano avviene quasi esclusivamente sui lavoratori dipendenti (-19 mila). Ed è verosimile, tenuto conto del blocco dei licenziamenti e delle evidenze su base regionale e nazionale che anche a Milano i più colpiti siano stati i rapporti di lavoro a termine, a causa del fermo prolungato delle attività causato dalla pandemia.
Stringendo lo sguardo sui settori, la maggiore perdita occupazionale si concentra nei comparti che hanno riscontrato le maggiori flessioni in termini di fatturato e attività: quasi -18mila occupati nel commercio, alberghi e ristoranti e -9mila circa nei servizi.
Al contrario, aumentano i lavoratori nell’industria (+4mila) e nel settore residuale che include logistica, costruzioni e agricoltura (+3mila).
Particolarmente colpiti dalla crisi Covid sono i giovani: nella media del 2020 il tasso di occupazione tra i 15 e i 24 anni scende al 18,9% (dal 21,4% nel 2019) e in parallelo il tasso di disoccupazione giovanile sale al 22,0% (dal 18,1%), invertendo bruscamente la progressiva diminuzione dal picco del 34,1% toccato nel 2014.
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