MILANO (ITALPRESS) – Otto opere realizzate con materiali poveri come cemento, ferro e lamiera, per riconnettere materie usurate e abbandonate con la loro bellezza: sono le protagoniste della mostra di Francesca Leone “Ulteriori gradi di libertà, nella città che resiste”, curata da Andrea Viliani e ospitata nelle Gallerie d’Italia in Piazza Scala, il museo di Intesa Sanpaolo a Milano, dal 10 settembre al 7 novembre. Un progetto “site specific” dell’artista romana che utilizza ogni dettaglio dell’architettura della sala delle Colonne delle Gallerie d’Italia per sviluppare un’architettura “ulteriore”. L’allestimento della mostra presenta le opere di Francesca Leone in dialogo con due opere: “Senza titolo” (1948) di Mimmo Rotella e “Dai gradi di libertà: recupero e reinvenzione” (1975) di Ugo La Pietra, entrambe dalle collezioni di Intesa Sanpaolo, che esprimono una visione e un’esperienza affini nel tentativo di reinventare la realtà che ci circonda.
“Possedere una collezione importante di cui siamo molto orgogliosi ci mette anche nella condizione di lavorare con gli artisti viventi e questo è estremamente importante e rappresenta il modo di essere di Gallerie d’Italia” spiega all’agenzia Italpress Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo. “Qui il lavoro di Francesca Leone è stato eccezionale – racconta – senza dimenticare le nostre collezioni, con le quali tra l’altro è in in dialogo perfetto. Occupa la Cala delle Colonne come se un’architettura vivesse in un altro spazio di architettura e questo è estremamente suggestivo. Essere al fianco di chi si occupa di arte contemporanea credo che sia il modo migliore per dare valore e per rinnovare il significato delle collezioni che si posseggono”.
Tutte le opere di Francesca Leone, anche quelle in questa mostra, cercano di far coesistere più cose, più spazi e tempi, più visioni e esperienze fra loro. L’opera principale che occupa il centro della sala espositiva sono le lamiere riassemblate lunghe 16 metri e alte quasi 3.
“Fulcro della mia mostra, ma anche proprio della mia arte, è recuperare materiale di scarto, in disuso, e dargli una nuova pelle” ha detto l’artista Francesca Leone ai microfoni di Italpress. “La durezza del cemento e del ferro diventano improvvisamente un tappeto di moquette dove ci si può sdraiare, così come una lamiera o un fregio di piccoli microchip sono la testimonianza del nostro momento che è quello di vivere condizionati da questo questo progresso che poi diventa in qualche modo una costrizione”.
(ITALPRESS).
“Possedere una collezione importante di cui siamo molto orgogliosi ci mette anche nella condizione di lavorare con gli artisti viventi e questo è estremamente importante e rappresenta il modo di essere di Gallerie d’Italia” spiega all’agenzia Italpress Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo. “Qui il lavoro di Francesca Leone è stato eccezionale – racconta – senza dimenticare le nostre collezioni, con le quali tra l’altro è in in dialogo perfetto. Occupa la Cala delle Colonne come se un’architettura vivesse in un altro spazio di architettura e questo è estremamente suggestivo. Essere al fianco di chi si occupa di arte contemporanea credo che sia il modo migliore per dare valore e per rinnovare il significato delle collezioni che si posseggono”.
Tutte le opere di Francesca Leone, anche quelle in questa mostra, cercano di far coesistere più cose, più spazi e tempi, più visioni e esperienze fra loro. L’opera principale che occupa il centro della sala espositiva sono le lamiere riassemblate lunghe 16 metri e alte quasi 3.
“Fulcro della mia mostra, ma anche proprio della mia arte, è recuperare materiale di scarto, in disuso, e dargli una nuova pelle” ha detto l’artista Francesca Leone ai microfoni di Italpress. “La durezza del cemento e del ferro diventano improvvisamente un tappeto di moquette dove ci si può sdraiare, così come una lamiera o un fregio di piccoli microchip sono la testimonianza del nostro momento che è quello di vivere condizionati da questo questo progresso che poi diventa in qualche modo una costrizione”.
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