I Carabinieri della Compagnia di Mazara del Vallo, durante alcuni accertamenti su soggetti sottoposti a misure cautelari, hanno constatato che alcuni soggetti tratti in arresto durante l’operazione Hesperia, del 6 settembre scorso, percepivano ancora il reddito di cittadinanza.

Trentacinque indagati, 6 percepivano ancora il reddito di cittadinanza

Tra i 35 indagati (23 in carcere e 12 ai domiciliari), a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose risultavano ancora percettori 6 soggetti per i quali è stato è stato richiesto, dai Carabinieri, la sospensione della concessione del beneficio che ricordiamo non può essere concesso a chi è sottoposto a misure cautelari personali.

Immediata sospensione del beneficio

La richiesta dei militari dell’Arma è stata accettata con immediata sospensione dell’erogazione del beneficio.

L’operazione Hesperia

Il 6 settembre scorso, come detto, è scattata l’operazione antimafia Hesperia.
I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani, con il supporto in fase esecutiva dei Comandi Provinciali Carabinieri di Palermo e Catania, del 9° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Palermo, degli Squadroni Eliportati Carabinieri “Cacciatori Sicilia” e “Cacciatori Calabria”, nonché del 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia”, hanno eseguito provvedimenti emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo nei confronti di circa 70 soggetti.

Gli arrestati e le accuse

Di questi 35 arrestati sono accusati a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose nei confronti degli altri soggetti è in corso l’esecuzione di decreti di perquisizione e sequestro.
L’indagine s’inquadra nella più ampia manovra investigativa condotta dall’Arma in direzione della cattura del latitante Matteo Messina Denaro e che, oramai da circa 30 anni si sottrae volontariamente all’esecuzione di decine di misure cautelari.

Cosa nostra trapanese

L’indagine dei carabinieri ruota attorno ad esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di cosa nostra trapanese, e conferma il ruolo di primo piano di Messina Denaro, il quale sarebbe ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti nella provincia mafiosa. Inoltre, le investigazioni hanno restituito l’immagine di una perdurante vitalità di cosa nostra trapanese che continua a regolare il proprio funzionamento sul più rigoroso rispetto delle regole ordinamentali che hanno nel tempo contraddistinto l’agire dell’organizzazione.

Il ruolo di Matteo Messina Denaro

Il monitoraggio delle famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala, nelle loro espressioni di vertice ha fatto emergere, in primo luogo, la figura di un uomo d’onore campobellese che, recentemente scarcerato e già protagonista in passato di importanti dinamiche riguardanti i rapporti dell’area trapanese con esponenti di vertice di cosa nostra palermitana, secondo quanto ritenuto dal gip, sarebbe gravemente indiziato di esprimere una costante e trasversale autorevolezza nell’ambito di dinamiche intermandamentali, anche esterne alla provincia di Trapani.
L’uomo avrebbe avuto comunicazioni da parte del capo mafia di Castelvetrano per stabilire i vertici della famiglia come il reggente della decina di Petrosino e chiesto conto circa la nomina del reggente dell’importante mandamento di Mazara del Vallo che era rimasto vacante dopo l’operazione Anno Zero.
Le indagini hanno anche permesso di ricostruire la successione al vertice di cosa nostra marsalese, individuando i soggetti allo stato gravemente indiziati di rivestire il ruolo di reggenti e documentandone le interlocuzioni con il più volte citato esponente mafioso campobellese.

Il ruolo del boss di Campobello di Mazara

L’indagine ruota attorno a Francesco Luppino che era stato scarcerato dopo l’ennesima condanna e aveva ricominciato a tessere le fila nel mandamento di Campobello Di Mazara.
Secondo gli investigatori è uno degli uomini di punta di Messina Denaro. Nel corso delle indagini del Ros sono stati ricostruiti anche rapporti tra mafiosi che vanno al di là della provincia d Trapani. Rapporti con la cosa nostra palermitana, agrigentina e catanese nel cui ambito i trapanesi venivano indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”.
La mafia trapanese controlla il tessuto economico sociale con riferimento a presunti condizionamenti della libertà degli incanti, alla gestione, in forma pressoché monopolistica del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti. Non solo ma compiono continue azioni per alterare le procedure di aggiudicazione di immobili oggetto di asta giudiziaria; presunte estorsioni in danno di aziende locali nel settore enogastronomico (tra cui una cantina vinicola) e turistico (strutture ricettive). I boss hanno la disponibilità di armi da fuoco.
Nel corso dell’operazione sono state effettuate numerose perquisizioni su siti ritenuti di interesse anche ai fini della ricerca del latitante ed intensificate le attività di controllo del territorio nelle località di maggiore interesse operativo.

Sequestrati armi, droga e soldi

Armi, droga e tanti soldi sono stati sequestrati nel corso dei blitz collegati all’operazione antimafia “Hesperia” che si è prevalentemente sviluppata sulla provincia di Trapani ed in parte anche in quella palermitana.
I carabinieri del nucleo investigativo di Trapani e del Ros hanno rinvenuto una pistola semiautomatica che era illegalmente detenuta da uno dei soggetti arrestati. L’uomo non era nella propria abitazione di Campobello di Mazara. Gli investigatori dell’arma sono riusciti a rintracciarlo a Palermo dove lo hanno bloccato mentre saliva sulla propria autovettura. Lo stesso aveva con sé due pacchi in cellophan contenenti complessivamente circa 50 mila euro in banconote di vario taglio.
I militari dell’Arma hanno poi esteso la perquisizione della abitazione estiva sempre del campobellese che si trova nella frazione di Tre Fontane dove hanno rinvenuto anche la pistola automatica, una Walther Ppk calibro 7,65, con 50 colpi dello stesso calibro di cui 4 nel caricatore, nonché altro materiale ritenuto utile all’indagine. L’arma da fuoco sequestrata è stata inviata al Ris di Messina per gli opportuni accertamenti tecnici e per verificare se sia stata di recente utilizzata.
Nell’abitazione di un altro indagato, sono stati invece rinvenuti circa 900 grammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, ad ulteriore riscontro della complessa attività di indagine posta in essere dai carabinieri di Trapani sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Trapani.

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