“Ripartire dall’eolico”, uno dei grandi affari che fanno gola alla mafia. Era l’obiettivo di Matteo Tamburello, esponente di spicco di Cosa nostra di Mazara del Vallo che tornato in libertà voleva riorganizzare gli assetti di vertice, per essere sempre più baricentrico nelle relazioni criminali nella Sicilia occidentale.

Figlio di Salvatore, il vecchio capomafia di Mazara del vallo morto l’anno scorso, Matteo Tamburello fermato da carabinieri del Ros nell’ambito di indagini finalizzate alla cattura di Matteo Messina Denaro sarebbe legato da rapporti indissolubili alla ‘primula rossa’ di Cosa nostra.

E’ indagato dalla Dda della Procura di Palermo per associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.

Le indagini hanno documentato quelli che militari dell’Arma definiscono “solidi rapporti con soggetti riconducibili al reggente del mandamento di Castelvetrano, Gaspare Como, cognato di Messina Denaro, arrestato sempre dal Ros ad aprile nell’operazione ‘Anno zero'”.

Dall’inchiesta Eris, sfociata in perquisizioni a carico di 25 presunti fiancheggiatori e favoreggiatori del superlatitante Messina Denaro, emerge che Tamburello, scarcerato nel novembre 2015 dopo aver scontato una condanna perché accusato di essere reggente della ‘famiglia’ mafiosa mazarese fino al 2006 e sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Mazara del Vallo dove aveva ottenuto un lavoro in una cava di calcarenite.

Secondo l’accusa, invece, che oltre a coordinare la cava, ne era di fatto socio occulto grazie a somme di denaro reperite in forza del suo peso mafioso. Soprattutto Tamburello programmava di gestire, direttamente e grazie alla collaborazione di un imprenditore, cospicui lavori nel settore eolico per l’ampliamento di un impianto a Mazara del Vallo, attraverso la palificazione di nuovi aereo-generatori.