Il piano sarà limato oggi dal comitato tecnico che tornerà a riunirsi online su convocazione del prefetto di Trapani, ma le disposizioni sanitarie previste per l’arrivo di domani a Mazara del Vallo dei 18 marinai liberati in Libia, si conosce per sommi capi: un medico salirà a bordo dei pescherecci e visiterà i marinai, che una volta a terra faranno il tampone rapido (che dà una risposta in pochi minuti) e poi quello molecolare, il cui esito si conoscerà dopo otto ore.
In assenza di positivi al Covid, tutti andranno a casa e dovranno ripetere il tampone dopo 5 giorni. Al porto nuovo, dove le due barche approderanno, ci saranno un numero limitato di parenti e i giornalisti, spiega il sindaco Salvatore Quinci.
I due marinai senegalesi, che non hanno una casa, saranno ospitati in un albergo a spese dell’armatore, sempre che il tampone dia esito negativo. I senegalesi, abitualmente, lavorano come guardiani delle barche e dormono a bordo. In caso di positività, anche di un solo marinaio, tutti saranno fatti salire su un mezzo con dispositivi di biocontenimento e posti alla quarantena domiciliare. Per i senegalesi, invece, sempre in caso di positività, è previsto il trasferimento in un Covid hotel. Intanto, il sindaco ribadisce che per domenica l’accesso al porto nuovo sarà inibito per tutti, tranne che per le persone autorizzate.

I pescatori arriveranno a Mazara del Vallo domattina, tra le 8 e le 10.

“Voglio tornare a lavorare, non a fare la guerra”. L’ha detto stamane il comandante del peschereccio Medinea, Pietro Marrone, in un collegamento via radio trasmesso da Rainews 24. Il peschereccio e l’altra imbarcazione si trovano attualmente a circa 250 miglia da Mazara del Vallo.
“I nostri carcierieri – ha aggiunto Marrone – non volevano che li guardassimo negli occhi, altrimenti ci avrebbero infilato la testa nel bidet”. Il comandante ha anche detto che i marinai spesso cucinavano per i carcerieri e dovevano loro servire il cibo, sempre con il divieto di guardarli in faccia. Infine, Marrone ha detto di aver condiviso due celle, insieme ai suoi compagni, con altri detenuti stranieri.

“Non lasciatevi condizionare dai loro racconti: hanno bisogno di parlare, non fate loro domande ma accogliete il loro dolore e trasfiguratelo col vostro affetto”. E’ l’invito che il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, ha rivolto ai parenti dei 18 marinai liberati.
L’occasione è stata la consegna ai parenti dei pescatori di un assegno di mille euro, per ognuna delle diciotto famiglie, da parte di due imprenditori del luogo, Antonio e Vincenzo Cancascì, titolari della Levantoil, azienda che commercia carburante. La cerimonia si è svolta nell’aula consiliare del municipio di Mazara del Vallo.
“Ora bisogna fare festa – ha continuato il vescovo – Non si resiste al dolore ma neanche alla gioia. Non so se le misure anticovid consentiranno di festeggiare come si deve, ma ciò che è rimandato non è annullato. Intanto la festa prosegue mentre seguiamo i nostri uomini lungo il tragitto da Bengasi a casa. Questo non è il momento di piangere, se non lacrime di balsamo”.

“Il giorno dopo il sequestro dei pescherecci ho ricevuto una foto di mio marito e ho visto che aveva l’occhio destro semichiuso e la guancia arrossata, segno che aveva subito violenze”. Lo dice Marika Calandrino, moglie di Giacomo Giacalone, marinaio trentatreenne del peschereccio Anna Madre sfuggito al sequestro.
La donna ha sentito il marito il 13 novembre e ieri, ma della questione non hanno mai parlato: “Tra di noi – spiega Marika – esiste un codice di comunicazione tutto nostro. Quando gli ho chiesto come stava, mi ha risposto dicendo che è ‘come quando ti schiaccio l’occhio, e cioè non posso parlare’. Questo, nel nostro linguaggio significa ‘ora sto bene ma prima no'”.

Marika Calandrino conserva la foto con il volto del marito, “ma non posso mostrarla”, dice. “Non vedo l’ora di riabbracciarlo, sono quattro mesi che non lo vedo. La nostra bambina, Gaia, che ha un anno e 5 mesi, quando lui è partito, il 20 agosto, si muoveva con il girello. Adesso parla, corre e bacia la foto del suo papà”.

Intanto Maurizio Gasparri di Fi dichiara: “Non bastano le veline dei servizi, voglio una risposta pubblica ufficiale delle massime autorità di governo. Che impegni sono stati presi con Haftar per ottenere la giusta e tardiva liberazione dei pescatori di Mazara? Non si possono mettere sullo stesso piano dei lavoratori ingiustamente sequestrati e dei trafficanti di clandestini arrestati e condannati in Italia”.

Conclude Gasparri: “Ci sono accordi segreti? Ci sono intese a scoppio ritardato? Ci sono rese, che non ci sorprenderebbero visto che questo governo tutto fa, tranne difendere gli interessi italiani ed è inginocchiato davanti a tutti, ricevendo schiaffi da tanti?”.

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