Così vicina, così lontana. Al quattordicesimo giorno in mezzo al mare, la terra è ormai ad un passo per i 42 migranti della Sea Watch 3. Ma non possono ancora toccarla. Carola Rackete, la giovane capitano, alle 14 di ieri ha rotto gli indugi, dirigendo il timone verso Lampedusa ed entrando in acque italiane ignorando l’alt delle motovedette della Guardia di finanza. La Ong sperava in un pronunciamento della Corte Europea ma il ricorso è stato respinto

“So cosa rischio – dice la donna – ma non ho scelta. I naufraghi sono allo stremo. Li porto in salvo”. “Non sbarcheranno, schiero la forza pubblica. Ora mi aspetto che qualcuno emetta un ordine di arresto”, la risposta del ministro Matteo Salvini. A Bruxelles, la Commissione europea è in contatto con gli Stati per distribuire le persone salvate. Palazzo Chigi, intanto, ha avviato “iniziative formali” per verificare omissioni dell’Olanda, Stato di bandiera della nave. Il braccio di ferro tra l’Italia e la nave della ong tedesca, si trasferisce così dalle acque internazionali ad appena fuori dal porto di Lampedusa.

“In 14 giorni – lamenta Sea Watch – nessuna soluzione politica e giuridica è stata possibile, l’Europa ci ha abbandonati. La nostra comandante non ha scelta”. Appena entrata in acque italiane, un inviperito Salvini apre una diretta facebook dal suo ufficio al Viminale. “Il comandante ha deciso di entrare a Lampedusa? Sappia – tuona – che l’autorizzazione allo sbarco non c’è, schiero la forza pubblica, il diritto alla difesa dei nostri confini è sacro”.

Il ministro ne ha per tutti, la giovane Carola, definita “sbruffoncella che fa politica sulla pelle dei migranti pagata da chissà chi. Dice di esser nata bianca, ricca e tedesca, ma perchè deve venire a rompere le palle a noi?”; l’Olanda, “che se ne fotte di quello che fa una nave con la sua bandiera. E’ una provocazione e un atto ostile, ci aspettiamo che si facciano carico loro degli immigrati a bordo”; la Germania, che “non ha fatto nulla”.

E Bruxelles, “che si fa viva solo quando c’è da batter cassa”. Arriva quindi la minaccia: “non vorrei – spiega – ricorrere a non identificare i migranti che sbarcano in Italia così che se ne possano tranquillamente andare in altri Paesi europei”.

Il ministro non risparmia infine il Pd, che ha organizzato una staffetta di solidarietà dei parlamentari a Lampedusa. “Ma stiamo scherzando? Vanno in vacanza con le bandierine. Spero che mangino e dormano bene”.

Intanto, gli uomini delle Fiamme Gialle sono saliti a bordo della nave, controllando documenti e passaporti dell’equipaggio. “Spero veramente che facciano scendere presto i migranti soccorsi”, l’auspicio della comandante. Ma Salvini tiene il punto: “non scende nessuno. A meno che non mi arrivi una comunicazione da Bruxelles e mi dicano che 21 vanno ad Amsterdam e 21 a Berlino, il capitano viene arrestato e la nave sequestrata. In questo caso la chiudiamo qui, nessun problema”.

Il ministro tiene molto al concetto di “chi sbaglia paga”. C’è, sostiene, “un’evidente flagranza di reato. Cosa aspetta qualcuno ad emettere un ordine di arresto?”. Il decreto sicurezza bis prevede una sanzione da 10mila fino a 50mila euro per comandante, armatore e proprietario, nonchè la confisca della nave in caso di recidiva. La politica si divide.

La sinistra solidarizza, con il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che chiede un incontro la premer Conte per “affrontare in maniera seria, responsabile e istituzionale evitando di offrire al Paese questo osceno teatrino indegno di un Paese civile”.

L’altro vicepremier Luigi Di Maio, è sulla linea del leader leghista. “Come mai – chiede – la Sea Watch neanche prova più ad avvicinarsi a Malta o alla Grecia? Non fa notizia. Hanno preferito restare 14 giorni a largo delle nostre coste anziché chiedere a La Valletta, Madrid o Atene lo sbarco. I governi di questi Paesi sono forze politiche tradizionali Ue. Se uno dei popolari o dei democratici ti nega lo sbarco, i media neanche ne parlano, se lo fa il Governo italiano si mette in moto il carosello. La Sea Watch si fa pubblicità e raccoglie più fondi, così può ripartire. Ma se dovremo passare tutta l’estate a litigare con le Ong – avverte – abbiamo già perso”.

E Salvini guarda anche al nord, al flusso via terra che sta aumentando lungo la rotta balcanica. Per bloccarlo il ministro evoca il muro costruito dal suo amico Viktor Orban, presidente dell’Ungheria. “A luglio – osserva – partiranno i pattugliamenti misti con gli sloveni, ma se il flusso di migranti non dovesse arrestarsi – aggiunge – a mali estremi estremi rimedi: non escludiamo la costruzione di barriere fisiche alla frontiera come fatto da altri Paesi europei”.

(Ansa)

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