Gli oggetti hanno un’anima? Fantasioso affermarlo. Ma affascinante immaginarlo. Specie dopo avere letto l’ultimo romanzo di Angela Maria Mistretta, “Le note grevi del silenzio” edito da Aulino, che ha tra i protagonisti principali la copritastiera di un pianoforte.

Una copritastiera elegantemente rifinita che lega due donne, Rosalia – che l’ha ricamata – e Adriana – che gliel’ha ordinata –, vittime entrambi di uno stesso uomo, l’avvocato Spina, del cui omicidio è l’unica testimone.

Un romanzo dalle tinte forti, ricco di emozioni intense, “Le note grevi del silenzio”, la terza prova narrativa, e sicuramente la più matura, della scrittrice menfitana Angela Maria Mistretta.

Un inizio da thriller per un romanzo che tutto è meno che un thriller. Al primo capitolo un omicidio, come non ti aspetteresti, soprattutto se si sono letti i precedenti romanzi dell’autrice. Commesso, con spietata determinazione e con tutta la rabbia di questo mondo in corpo, da una donna ai danni di un uomo.

E’ Rosalia l’assassina, l’avvocato Spina il destinatario della sua furia criminale. In una scena in cui le parti del carnefice e della vittima si invertono. Come chiariranno le parti successive del romanzo ambientato nel secondo dopoguerra in un paese immaginario della Sicilia, Calandrino. Rosalia, infatti, è una povera ragazza costretta alle umiliazioni più cocenti dall’avvocato Spina, in passato squadrista fascista, uomo privo di scrupoli, personificazione del più bieco cinismo e della crudeltà degli uomini.

“Le note grevi del silenzio” è il classico romanzo che coinvolge, appassiona il lettore. Seppure retto da una architettura narrativa articolata, il romanzo è di immediata potenza espressiva e, per quanto intrecciato nella sua trama, scorre su binari lineari che conducono ad un approdo confortevole in cui le ragioni del cuore trionfano sul male.

Già, il male. Il male attraversa “Le note grevi del silenzio”, è uno dei temi in esso presente, col quale debbono fare i conti i protagonisti della storia: c’è chi dentro se stesso ne porta le stigma, c’è chi ne rimane succube, e c’è pure chi moltiplica le sue energie e i suoi talenti per contrastarlo in un romanzo in cui lo scavo interiore si coniuga all’azione.

“Le note grevi del silenzio” non è però soltanto un romanzo d’introspezione psicologico: è anche un’opera narrativa in cui assume rilievo l’ambientazione storica – il secondo dopoguerra segnato da stenti e povertà – e geografica – una Sicilia dai costumi castigati e avvolta da troppi pregiudizi.

La scrittura, ancorché scorrevole e piana, è ravvivata da qualche impennata “barocca” finalizzata ad animare la tensione narrativa nei momenti topici. Così per esempio nell’incipit, dove la descrizione della foga del vento preannuncia l’imminente drammatico delitto.

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