La polizia ha messo le mani su due fratelli che a Gela, nel Nisseno, erano diventati un incubo dopo aver messo a segno a ripetizione furti e rapine anche violente. Una spiccata propensione a delinquere dei due giovani che hanno anche fatto ricorso alla violenza. Come in un caso quando hanno tentato di rapinare una persona e hanno fatto ricorso a calci e pugni causandogli lesioni.
Le accuse
La polizia di Stato ha arrestato due fratelli indiziati di aver commesso una serie di furti aggravati, anche rapine e altri reati. Gli episodi commessi tra febbraio e novembre dello scorso anno. Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica e condotte dagli agenti del commissariato di pubblica sicurezza. Si è fatto luce su una serie di episodi criminosi commessi a Gela e per i quali risultano indiziati due fratelli gelesi, un 19enne e un 26enne.
Anche la carta di credito rubata
Il 19enne, in particolare, è indagato per una serie di furti, consumati e tentati, ad abitazioni ed esercizi commerciali. Tra i capi di imputazione anche il reato di ricettazione di una carta di credito rubata e il suo indebito utilizzo, nonché l’illecita cessione di 83 grammi di hashish. Lo stupefacente era stato nascosto all’interno di un pacco postale recapitato in una struttura penitenziaria dove si trovava rinchiuso il fratello. Entrambi sono accusati inoltre di aver commesso una tentata rapina nei confronti di una persona procurandogli lesioni personali.
Episodi “gravi”
Il 26enne, sorvegliato speciale della pubblica sicurezza, risulta indagato per alcune violazioni delle prescrizioni inerenti la misura di prevenzione a cui è sottoposto. A suo carico anche il tentato furto, in concorso con altre due persone, di materiale edile all’interno di un cantiere. Il giudice per le indagini preliminari, concordando con la richiesta della Procura della Repubblica, ha ravvisato la sussistenza dell’esigenza cautelare. Gli episodi contestati e le modalità con cui sono state portate a termine sono stati ritenuti “gravi”. Disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Commenta con Facebook