I collegi di difesa hanno chiesto la riapertura dell’istruttoria dibattimentale del processo di secondo grado all’ex giudice Silvana Saguto e ad altri 11 imputati che si celebra nell’aula bunker di Caltanissetta e che ha visto lo svolgersi della prima udienza.

Chiesta anche la produzione di alcune trascrizioni di intercettazioni, la deposizione di testimoni, compresi alcuni funzionari delle Dia, e l’acquisizione di diversi articoli di stampa sulla presunta “gogna mediatica” scatenatasi sulla figura dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.

La Procura generale non si è opposta alle richieste all’ascolto in aula dii testimoni mentre per le altre ha chiesto un termine per potere interloquire.

Corte d’appello deciderà alla prossima udienza, fissata al 2 dicembre

La Corte d’appello, presieduta da Marco Sabella, si è riservata di decidere se accogliere le richieste di riapertura di istruttoria dibattimentale nel corso della prossima udienza fissata per il 2 dicembre nell’aula bunker del carcere Malaspina.

Iniziato oggi il processo d’appello

L’udienza, che si è celebra all’aula bunker del carcere Malaspina si è aperta con la lettura della relazione introduttiva del presidente della Corte d’appello di Caltanissetta, Marco Sabella.

L’accusa è rappresentata in aula dalla procuratrice generale, Lia Sava, dai sostituti Antonino Patti e e Lucia Brescia e dalla pm Claudia Pasciuti, applicata al processo.

Saguto non presente all’udienza

Silvana Saguto, che non si è presentata all’udienza, è accusata di aver gestito in modo clientelare, in cambio di denaro e favori, le nomine degli amministratori giudiziari dei patrimoni sequestrati e confiscati alla mafia.

L’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, radiata con provvedimento definitivo dalla magistratura, è stata condannata anche a risarcire 500 mila euro alla presidenza del Consiglio dei ministri, costituitasi parte civile nel processo.

Gli altri imputati

Tra gli imputati anche l’amministrazione giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, oggi presente in aula, che sarebbe stato al centro del “cerchio magico” che beneficiava delle nomine, il marito dell’ex presidente, l’ingegnere Lorenzo Caramma, e il figlio Emanuele, il professore universitario Carmelo Provenzano, l’ex prefetto Francesca Cannizzo, il colonnello della Dia Rosolino Nasca.

La Procura di Caltanissetta, che ha istruito il processo, aveva chiesto una pena esemplare: 15 anni e 4 mesi, ipotizzando l’esistenza di un “sistema” corruttivo ramificato che si sarebbe infiltrato nell’avamposto della lotta a Cosa nostra, la sezione delle misure patrimoniali antimafia.

Per anni, secondo gli inquirenti, il magistrato avrebbe gestito la sezione come una sua cosa.

Scegliendo sempre e solo persone del suo “cerchio magico”, come l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, condannato a 7 anni e 6 mesi contro i 13 chiesti dai pm, e l’ex docente dell’università Kore che ha avuto 6 anni e 10 mesi. I professionisti ricambiavano con favori, come la tesi scritta per conto del figlio della Saguto da Provenzano, regali, soldi.

A tre anni è stata condannata dal tribunale l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, che avrebbe caldeggiato l’incarico di un amico, a 4 l’ex colonnello della Dia Rosolino Nasca e a un anno e sei mesi Walter Virga, giovane avvocato da cui l’inchiesta ha avuto inizio. Con lui fu indagato il padre, Tommaso, ex membro del Csm. Avrebbe ottenuto dalla Saguto l’incarico per il figlio e in cambio avrebbe avuto un occhio di riguardo per la collega in un procedimento aperto a Palazzo dei Marescialli. Virga senior però è stato processato separatamente e assolto.

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