Introduceva droga all’interno del penitenziario dietro una mazzetta, poi i detenuti se la spartivano e partiva lo spaccio. Il giro è stato scoperto all’interno del carcere di San Cataldo, a  Caltanissetta, nell’ambito di un’operazione che è scattata all’alba di oggi. A finire in manette un agente di polizia penitenziaria e un detenuto; con loro indagati altri tre detenuti e un palermitano. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio e commercio di sostanze stupefacenti, corruzione e utilizzo illecito di telefoni cellulari all’interno del carcere. L’operazione è stata portata avanti dalla polizia penitenziaria del nucleo investigativo regionale della Sicilia, insieme ad alcune unità del nucleo traduzione e piantonamenti e del Prap di Palermo, nonché del reparto della casa di reclusione di San Cataldo, coordinati dal nucleo investigativo centrale di Roma. Le misure cautelari sono arrivate su esecuzione della Procura della Repubblica di Caltanissetta.

L’indagine come è partita

Le complesse attività di indagine, che hanno avuto inizio dalla segnalazione del comandante del reparto di polizia penitenziaria della casa di reclusione di San Cataldo, e condotte con la collaborazione dello stesso, ed hanno permesso di accertare che l’assistente capo S.C.M., in forza nella struttura penitenziaria, dietro compenso in denaro, provvedeva a introdurre illecitamente sostanze stupefacenti all’interno del penitenziario. A sua volta il detenuto Z.S., a cui lo stupefacente veniva recapitato, si occupava della commercializzazione tra i detenuti e delle richieste dei successivi rifornimenti.

La droga introdotta da moglie e figlie del detenuto

La sostanza stupefacente veniva consegnata dalla moglie e dai due figli del detenuto, tutti residenti nel comune del palermitano, al poliziotto infedele che approfittando delle sue funzioni la consegnava poi a Z.S. Le attività tecniche hanno consentito di acquisire ulteriori elementi di prova sugli episodi corruttivi e di individuare tutti i soggetti che hanno preso parte all’attività illecita, tra cui anche altre quattro persone: 3 detenuti, attualmente reclusi presso l’istituto di San Cataldo, e un palermitano, R.S., tutti indagati a piede libero nell’ambito del procedimento penale.

I telefoni per dialogare all’esterno

Le indagini hanno dimostrato come la disponibilità di un telefono cellulare durante il periodo di detenzione, oltre a permettere di perseguire gli obiettivi criminali consente di mantenere continui rapporti con l’esterno, consolidando posizioni di leadership anche dall’interno del carcere.

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